Parchi e riserve, per la Consulta la legge regionale è incostituzionale

GLI ENTI LOCALI DEVONO AVERE VOCE IN CAPITOLO SULLA ISTITUZIONE DELLE AREE PROTETTE

Esultano agricoltori e cacciatori. Preoccupazione, invece, tra gli ambientalisti. Il tema è quello dei parchi e delle riserve in Sicilia. E’ stata depositata, infatti, la sentenza n. 212/2014 con la quale la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge regionale in materia di Parchi e Riserve n.98 del 1981, per violazione dell’art. 117 della Costituzione italiana.

I ricorsi erano stati presentati in 4 distinti procedimenti dal Consorzio di tutela della IGP pomodoro di Pachino, dal Comune di Pachino e da alcune aziende contro il divieto di installare nuove serre nella Riserva naturale orientata Pantani della Sicilia Sud-Orientale. E il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Catania, aveva sollevato, con quattro ordinanze di analogo contenuto, questione di legittimità costituzionale di alcuni articoli della legge della Regione.
Il Consorzio si è quindi costituito davanti alla Consulta con memoria difensiva con la quale l’avvocato Gambuzza ha illustrato i diversi profili di incostituzionalità della legge regionale rispetto alla legge nazionale. Il legale, partecipando all’udienza pubblica tenutasi il 24 giugno scorso, ha ribadito che la legge regionale “prevede quale unica forma di partecipazione dei comuni al procedimento di istituzione delle riserve naturali regionali la possibilità di formulare osservazioni nei confronti della proposta di piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. Il diritto di partecipazione introdotto dalla legge Quadro nazionale n. 394 del 1991 in favore degli enti locali, viceversa, ha ad oggetto il procedimento di istituzione della singola area protetta e si realizza anche mediante lo svolgimento di conferenze per la redazione di un documento di indirizzo che abbia ad oggetto i diversi aspetti naturalistici, economici e sociali coinvolti dalla istituzione della riserva”.

Nella motivazione della sentenza, la Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le doglianze sollevate dal Consorzio di tutela con riferimento agli articoli 6 e 28 della l.r.98 del 1981, in quanto in entrambi i casi, sono previste forme di partecipazione “di gran lunga meno garantistiche di quelle statali”.

Esulta dunque il Consorzio: “La sentenza dimostra come l’azione che il Consorzio in questi anni ha portato avanti sia fondata e ragionata- spiega il presidente del Consorzio Sebastiano Fortunato-. La nostra azione in difesa del territorio è stata fondamentale per il riconoscimento ricevuto dalla Corte Costituzionale”.

Ed esulta pure la Federcaccia che, con una nota dell’Ufficio avifauna migratoria sottolinea che «Per i cacciatori si apre una porta che sembrava chiusa: la legge istitutiva dei parchi e delle riserve in Sicilia (legge 98 del 6 maggio 1981) è stata dichiarata illegittima. La legge siciliana infatti è precedente a quella statale ma non è mai stata adeguata”-

Ora la sentenza torna al Tar, che dovrà emettere un giudizio definitivo sui ricorsi.

Sulla questione interviene Fabio Granata, ex assessore all’ambiente della Regione Siciliana ed oggi coordinatore nazionale di Green Italia, secondo il quale «La sentenza della Corte Costituzionale sulla “Riserva Pantani” mette a rischio tutte le aree protette e le riserve di più recente costituzione in Sicilia: il Governo della Regione emani immediatamente una norma transitoria di tutela e modifichi le normative regionali seguendo le indicazioni della Corte. Oggi è a rischio un patrimonio materiale e immateriale sterminato sul quale la Sicilia può e deve costruire il suo futuro. Dopo le trivellazioni un altro gravissimo rischio per l’ecosistema dell’Isola rispetto al quale nessuno a Palazzo d’Orleans e a Sala d’Ercole può girarsi dall’altra parte o, peggio, essere ancora succube delle potenti lobby del petrolio e del cemento».

Di diverso parere il deputato all’Ars del Nuovo centro destra Nino Germanà che accoglie con favore la sentenza della Corte Costituzionale: “E’ una conferma di quanto sostengo da tempo. Bisogna guardare all’interesse di quanti vivono grazie al primario, a partire dai consorzi dei nostri prodotti dop, che sin dall’inizio hanno portato avanti la lotta contro questo becero sistema di imposizione di regole che non tengono conto delle esigenze del territorio. Da vicepresidente della Commissione Attività produttive dell’Ars e da uomo di buon senso mi rendo conto dell’esigenza di tutelare agricoltori, pastori e il mondo venatorio, che vivono della propria attività e che ogni giorno devono già fare i conti con non poche difficoltà. Abbiamo l’esigenza di proteggere l’ambiente e agire senza lederlo ed è giusto istituire nuovi parchi, se ve ne sono le condizioni e se vantaggiosi per le zone interessate, ma dobbiamo cambiare modo di pensare: area protetta non significa area tabù. È una deviazione tutta nostrana”.

Redazione

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