Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale maschile di volley, aveva parlato della possibile catastrofe in arrivo con un post su Facebook dello scorso luglio. «Un meteorite cadrà sul mondo dello sport», denunciando come la pandemia di Covid-19 avrebbe aumentato le difficoltà delle associazioni sportive nell’utilizzo delle palestre scolastiche, in un «percorso a ostacoli fra dirigenti scolastici che talvolta gestiscono un bene pubblico come se fosse privato, custodi ostativi e impianti non all’altezza». L’allenatore-giornalista si è purtroppo rivelato buon profeta, anticipando ciò che sta puntualmente accadendo in un autunno che si preannuncia assai caldo per istruzione e sport; due mondi interconnessi.
A Catania il meteorite si è schiantato giorno 9 settembre, quando la Pallavolo Roomy, storica società che si occupa di volley giovanile da 38 anni, ha ricevuto la risposta dal Consiglio d’Istituto della scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri in merito al rinnovo dell’utilizzo della palestra scolastica di via Sassari. «Si invita il rappresentante legale dell’associazione sportiva – c’è scritto nel documento a firma della dirigente scolastica Rita Donatella Alloro – a lasciare immediatamente i locali, facendo pervenire tutte le chiavi d’accesso agli ingressi». Un vero e proprio fulmine a ciel sereno, giustificato non dalla necessità di adibire la palestra ad aula, quanto dalla volontà di «ridurre al minimo il rischio di contagio» con l’imminente inizio delle lezioni. La chiusura non è totale, dato che «la trattazione della questione viene rinviata alla prossima seduta», quando cioè il Consiglio avrà maggiori elementi valutativi in mano.
Il problema è che le esigenze della Roomy non possono attendere una ipotetica seconda sessione. È per questo che venerdì scorso la dirigenza e lo staff della società etnea, col supporto di bambini e genitori, hanno organizzato una manifestazione spontanea davanti alla scuola Alighieri. L’obiettivo è quello di avere subito chiarezza, come spiega il presidente e direttore tecnico Giovanni Barbagallo: «Avevamo cominciato l’attività per la stagione sportiva lunedì scorso: dall’inizio della prossima settimana non avremo più un luogo per continuare gli allenamenti». La situazione è resa assai difficile dalla rinuncia ai tre impianti dell’Istituto Lombardo Radice, ora adibiti ad aule per uniformarsi ai nuovi protocolli Covid: quelli degli istituti Nazario Sauro e Giovanni XIII sono invece concessi solo in via temporanea, in attesa di capire le necessità future. Restano le due palestre della scuola Majorana: davvero poco per garantire l’attività degli oltre 700 tesserati.
La paura, concreta, è quella di dovere rinunciare a uno dei fiori all’occhiello della società, ovvero l’attività di base. «Rischiamo di smontare una organizzazione che negli ultimi 15 anni si era imposta con impegno e lavoro», precisa Barbagallo. Gli fa eco Giovanni Bottino, uno degli undici tecnici che fanno parte dello staff della Roomy. «Con i più piccoli ci occupiamo di avviamento alla pallavolo: un’attività importante che non può essere interrotta e poi ripresa chi sa quando. Se la situazione dovesse proseguire – continua Bottino – dovremmo rinunciare a nuovi iscritti e a centri di avviamento, portando avanti soltanto le squadre che sono già formate. Così facendo, però, perderemmo la nostra forza, assieme a tanti anni di lavoro fatto in maniera certosina. Siamo dei lavoratori sportivi, viviamo di questo: il Consiglio d’istituto, con la decisione appena assunta, avrebbe il potere di licenziarci».
La chiosa finale del presidente Barbagallo riguarda un sistema che fa acqua da anni, rischiando di affondare in via definitiva a causa dell’emergenza Covid. «Abbiamo speso tanti soldi ed energie per rispettare alla lettera i protocolli emanati dalla FederVolley. In un momento del genere – precisa il dirigente – occorrono indicazioni chiare anche dal mondo della scuola». Le linee guida del Miur, in realtà, garantiscono la concessione delle palestre alle associazioni sportive per l’utilizzo pomeridiano, al di fuori dell’orario delle lezioni: il problema è che, secondo Barbagallo, gli istituti vanno in direzione sparsa. «Rischiamo di mandare a casa istruttori validi e preparati: in alternativa dovremmo tornare agli anni ’60, mettendo una rete in piazza e allenandoci all’aperto. Le eccellenze vanno salvaguardate: in assenza di direttive chiare, col coinvolgimento diretto del Coni, potremmo andare incontro alla distruzione».
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