Rosanero puniti da un colpo di tacco. Non è una novità. Era successo anche lo scorso 24 settembre in occasione della gara interna contro la Juventus. In quell’occasione era stato un autogol di Goldaniga a condannare gli uomini di De Zerbi. Ieri, invece, è stato un gesto istintivo di Lapadula – prima rete in serie A per l’ex Pescara – a sferrare il colpo del ko. L’accostamento tra le due partite non è casuale. Sono due gare con diverse analogie, due partite in cui il Palermo targato De Zerbi ha mostrato forse il migliore profilo e in cui certamente non meritava di perdere. Il riferimento all’autorete di Goldaniga con i bianconeri è uno spunto per ribadire il concetto che, un’altra volta e in una sfida contro una big, il Palermo non è stato schiacciato e che la sconfitta è riconducibile solo ad un episodio. E proprio per questo la ferita brucia ancora di più: il rammarico aumenta se si considera che i rosanero avrebbero potuto vincere se nel finale Bruno Henrique non avesse fallito una buonissima occasione e, analizzando il film della partita, che per lunghi tratti la superiorità tecnica del Milan non si è notata affatto.
Tirando i remi in barca dopo la rete del vantaggio al 15′ del primo tempo, la compagine di Montella ha contribuito al ritorno in partita dei padroni di casa ma gran parte del merito va attributo ai rosa che non si sono disuniti una volta sotto di un gol e che, con il passare dei minuti, hanno acquisito fiducia prevalendo sull’avversario in termini di intensità e volume di gioco. Fattori che, quasi certamente, consentiranno a De Zerbi di rimanere al suo posto. Zamparini crede nel progetto che sta portando avanti il tecnico lombardo e non sarà la sconfitta maturata ieri a fargli cambiare idea. Morale della favola: il Palermo è stato sfortunato. Il problema, tuttavia, è che nel caso dei rosanero la componente sfortuna manda in tilt i meccanismi di una struttura con ingranaggi particolarmente delicati, complica i piani di una squadra già piena di problemi. E’ come se piovesse sul bagnato. Il Palermo, ancora alla ricerca di una precisa identità e alle prese con una grave emorragia di risultati negativi – cinque sconfitte consecutive, sei ko di fila tra le mura amiche – deve fare pure i conti con i capricci della dea bendata. Limiti strutturali e cattiva sorte: la strada verso la salvezza, impegnativa già in partenza, diventa in salita.
Il match contro i rossoneri ha mostrato buone trame di gioco e reazione di orgoglio, aspetti positivi ma che non sono sufficienti. Per vincere le partite serve qualcosa in più dal punto di vista della determinazione e della consapevolezza dei propri mezzi. La sensazione è che il Palermo ogni volta debba compiere un’impresa per riuscire ad imporre le proprie qualità. La squadra è viva e mostra qualche passo avanti ma è ancora prigioniera delle proprie lacune (il gol di Suso del momentaneo 1-0 è frutto di una clamorosa indecisione tra Posavec e Aleesami) e delle proprie insicurezze. Le prestazioni di Nestorovski (per il macedone sesto gol in campionato, il terzo consecutivo), Rajkovic (al rientro dopo un periodo di stop forzato) e Bruno Henrique sono alcuni dei segnali incoraggianti inviati da un Palermo ancora incompiuto, di una squadra in crescita ma che non riesce a trasformare le proprie potenzialità in un valore reale. E’ un processo lento e che ha bisogno di tempo. Ma i rosanero quanto tempo avranno a loro disposizione? La classifica piange, col penultimo posto e -4 dall’Empoli corsaro a Pescara, e i campanelli d’allarme scattati nelle ultime settimane impongono un intervento immediato.
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