Se ci fosse la possibilità di scorporare dalla partita solo il secondo tempo potremmo dire che il Palermo ha battuto la Lazio in trasferta con il punteggio di 2-1. L’impresa a cui è chiamata la squadra per evitare la retrocessione in B, spettro che già domenica prossima potrebbe avere il supporto della matematica, è la stessa che dobbiamo compiere noi cercando disperatamente qualche nota positiva nel commentare una gara dei rosanero. Viaggiare con la fantasia provando a immaginare che primo e secondo tempo possono essere analizzati come due entità distinte è un ‘diversivo’ che ovviamente non porta a nulla, ma, inconsciamente, è forse il metodo più efficace per bypassare una realtà davvero mortificante per tutti gli appassionati rosanero, costretti a sopportare ieri l’ennesima umiliazione. Gli uomini di Bortoluzzi hanno rialzato la china in una ripresa condizionata da un comprensibile calo di concentrazione dei padroni di casa ma, inevitabilmente, il secondo tempo va messo in relazione alla prima frazione di gioco. Porzione di gara in cui la formazione guidata da Simone Inzaghi, in cerca di punti preziosi in chiave Europa League, ha archiviato la pratica con una facilità imbarazzante trovandosi dopo 26 minuti avanti di cinque gol.
Le somme, dunque, si tirano alla fine e, sul fronte rosanero, bisogna riflettere su un ko tennistico con il risultato di 6-2. La doppietta di Rispoli in avvio di ripresa (la prima in A e con la maglia del Palermo per il terzino campano salito a quota 5 gol) e qualche spunto del classe ’98 Lo Faso, all’esordio da titolare nella massima serie, sono note da registrare con il segno più ma, nell’ambito del match che si è sviluppato all’Olimpico, rappresentano solo dei granelli di sabbia nel deserto. Piccole gocce in un oceano di negatività ingigantito dai limiti di una squadra improponibile nella massima serie. Una squadra caduta troppo presto sotto i colpi di una Lazio che, trascinata dal tandem Keita-Immobile (autori rispettivamente di una tripletta e di una doppietta), ha esercitato una superiorità schiacciante mettendo a nudo le debolezze di una difesa rosa da incubo.
Il modulo non c’entra. Non è un problema di sistema di gioco con la linea difensiva a quattro o a tre (ieri Bortoluzzi ha disegnato il suo scacchiere con il 3-4-2-1). La verità è che, al di là delle alchimie tattiche, in un gruppo così fragile è impossibile trovare delle soluzioni per dare un po’ di solidità all’intera struttura e frenare l’emorragia di gol subiti (17 nelle ultime quattro trasferte). La ripetitività di certe sbavature e la sensazione che la Lazio avrebbe potuto segnare nel primo tempo altre tre o quattro reti se avesse tenuto il piede sull’acceleratore confermano che il Palermo non sa cosa significa difendere e, contestualmente, non impara dagli errori commessi nelle precedenti partite. Gazzi perde di vista Immobile sugli sviluppi di una palla inattiva in occasione dell’1-0, Gonzalez sbaglia i tempi delle marcature, Keita riesce a segnare il 3-0 al culmine di una situazione di tre contro uno, Morganella commette un fallo da rigore ingenuo ed evitabile. Sequenze di un film già visto molte altre volte anche se con interpreti diversi: manca l’abc calcistico, mancano gli strumenti principali (talento individuale e coordinazione tra i reparti) per potere contrastare l’avversario e sperare, quindi, di uscire indenni da una partita. Morale della favola: questo Palermo, costruito in estate in maniera sciagurata e indebolito a gennaio, ha la sconfitta nel dna ed è destinato a soccombere.
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