Il cartello ‘lavori in corso’ collocato davanti al cantiere rosanero non impedisce agli osservatori di avvicinarsi e guardare cosa c’è dentro. Il problema è proprio questo: non è tanto il cartello esposto fuori, presenza che può anche essere messa in preventivo nelle prime battute di un campionato, quanto piuttosto lo stato dei lavori all’interno di questo cantiere. Il Palermo è in netto ritardo rispetto agli avversari e la sconfitta casalinga per 2-0 contro l’Avellino alla quarta giornata (la terza effettiva per i rosa, la seconda per gli irpini) del girone C di serie C certifica la lentezza del processo attraverso il quale la compagine di Boscaglia sta provando a diventare una squadra. Basta un avversario competitivo o comunque abituato alle dinamiche della C per mettere a nudo le problematiche attuali dei rosanero e l’Avellino, squadra forte e molto organizzata, ha fatto proprio questo. Con una prova di temperamento, condotta senza particolari patemi da un gruppo composto da giocatori di qualità (le partite si vincono a centrocampo ed è proprio la linea mediana uno dei punti di forza della formazione allenata dall’esperto Braglia) ma anche navigati, i biancoverdi hanno sfruttato con efficacia il gap attualmente esistente nei confronti dei padroni di casa e visibile sotto diversi punti di vista: fisico, tecnico-tattico e anche della mentalità, leggibile in questo caso come quel mix di malizia e capacità di gestione di certe situazioni nell’arco della partita che molte volte fa la differenza.
L’impressione, supportata comunque dal verdetto del campo stabilito dai gol del centrocampista palermitano D’Angelo (a segno per la seconda volta di fila in trasferta) e dell’attaccante Fella con la complicità in entrambi i casi della retroguardia rosanero (da matita blu lo svarione sull’asse Kanouté-Lancini che al 12’ del secondo tempo ha propiziato la seconda marcatura) è che, al contrario del Palermo, l’Avellino fosse una squadra. Con pregi e difetti senza mai perdere, però, i connotati di una squadra. Etichetta che, allo stato attuale, non può essere affibbiata invece alla compagine di Boscaglia penalizzata, appunto, dal fatto di essere al momento solo un insieme di individualità che non ha ancora una fisionomia e che, senza meccanismi collaudati, fatica ad ingranare. Al netto di qualche piccola nota da potere salvare come l’impegno, il sacrificio da parte di più di un giocatore in fase di adattamento ad un modulo diverso da quello provato in ritiro (Boscaglia ha confermato il 3-5-1-1 e lo ha mantenuto anche quando a destra ha inserito Kanouté al 29’ al posto dell’infortunato Doda) o il dinamismo di qualche singolo come i centrocampisti Odjer e Broh, sono diversi gli aspetti negativi che impongono determinate riflessioni.
Preoccupa la mancanza di idee di un gruppo spesso confuso e senza precise coordinate e preoccupa, contestualmente, anche la sterilità offensiva della squadra. Ancora a secco di gol e che, nonostante un indice di pericolosità leggermente più alto rispetto alle prime due uscite (da segnalare, al di là della rete annullata per fuorigioco al difensore Accardi, capitano e titolare in extremis alla luce dei problemi accusati da Marconi durante il riscaldamento pre-gara, una buona occasione fallita di testa da un deludente Lucca e un velenoso tiro-cross di Broh che non ha sortito effetti), produce poco e stenta ad esercitare una presenza tangibile in area di rigore avversaria. E la colpa, sia chiaro, non è solo degli attaccanti anche se, obiettivamente, la scelta del tandem Sagramola-Castagnini di non sfruttare il mercato estivo per acquistare una prima punta da doppia cifra rischia seriamente di rivelarsi in vista del prosieguo del torneo un grave errore di valutazione.
Cosa resta, tirando le somme, in calce alla sfida che l’Avellino (che fuori casa non aveva mai vinto contro i rosa in gare di campionato) si è aggiudicato con merito al Barbera? A distanza di sette mesi e mezzo dall’ultima partita giocata alle pendici di Monte Pellegrino, spicca il vuoto desolante degli spalti nell’ambito di una partita disputata a porte chiuse (gli ultras della Curva Nord, tuttavia, non hanno fatto mancare la loro presenza simbolica attraverso i messaggi Siamo con voi esibiti all’esterno dello stadio dalla Nord Inferiore o il lungo striscione Ci sono perché ci credo, ci sono anche se non ti vedo esposto nella parte superiore della Curva), immagine che si sposa perfettamente con la condizione di disagio manifestata da un Palermo che ancora non ha né capo né coda.
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