Palermo Pride, tra le star Immanuel Casto «Il gender è un mito usato dagli omofobi»

«Una serata molto divertente, all’insegna di uno showcase che unisce il mio mondo musicale a quello di Romina Falconi» dice Manuel Cuni, cantautore bergamasco meglio noto col nome d’arte di Immanuel Casto, da tempo ormai icona del mondo lgbt. Ieri sera si è esibito sul palco di Casa Pride al Castello a Mare di Palermo, nell’ambito del Pride 2016. Lo accomuna alla cantautrice elettropop un sound omogeneo e i testi irriverenti: «Abbiamo uno stile abbastanza elegante e che ci distingue. Oltre al fatto che puntiamo entrambi al divertimento e all’ironia, ricordandoci sempre del buon gusto». I due hanno portato sul palco anche un brano particolarmente atteso, Who is afraid of Gender?, sigla del Gay Village di Roma di quest’anno. «Questa è una canzone che parla di cose che non esistono, ossia il gender, un mito usato dagli omofobi – spiega Casto senza giri di parole – e di qualcosa che invece esiste, come la paura, soprattutto alla luce di quello che è successo a Orlando». Un pensiero va inevitabilmente ai fatti di sangue avvenuti solo pochi giorni fa in Florida, ai quali il cantante dedicherà stasera momenti di riflessione prima di eseguire il brano. Un testo che, malgrado tutto, rappresenta un voler far festa, un’espressione di gioia e che soprattutto invita a non odiare se stessi.

«Essere definito un’icona del mondo lgbt mi lusinga» continua Casto, che però spiega subito di non essersi mai affacciato al mondo della musica con l’idea di voler rappresentare una categoria in particolare. «Io non rappresento nessuno al di fuori di me stesso. Ma sono onorato del fatto che qualcuno si riveda nei miei messaggi e nelle mie prese di posizione. Sono felice di essere la voce di qualcuno» dice con orgoglio l’uomo, che ha portato al successo brani ormai celebri come Escort 25 e Sognando Cracovia. Nel mondo musicale è conosciuto anche con un’etichetta molto precisa: è il re del porn groove, un sottogenere lanciato dallo stesso Casto con la sua musica e i suoi testi irriverenti e provocatori: «Come tutte le etichette, anche questa inizia a starmi un po’ stretta, ma non posso negare che mi abbia aiutato ad emergere» continua Casto. Per porn groove si alludeva un tempo alle colonne sonore dei film a luci rosse degli anni ’70 e ’80. Oggi il termine è passato a indicare uno stile musicale che ruota con leggerezza intorno alle tematiche sessuali. «I miei primi testi facevano riferimenti al sesso in maniera esplicita e con molta franchezza. Ed è una cosa che in realtà non accade così frequentemente» racconta, sottolineando il cambio di rotta dei suoi brani più recenti: «Adesso la mia è diventata più una satira di costume della società. Senza tralasciare però la sfera della sessualità, che rimane un aspetto predominante dei miei testi».

A contraddistinguerlo, però, è soprattutto il nome d’arte scelto per entrar a far parte del panorama musicale. «Immanuel non è che la traduzione tedesca del mio nome. Fa riferimento anche a Kant e al liceo ero molto bravo in filosofia. Inoltre, in ebraico corrisponde a “Dio è con noi”. Con grande modestia devo dire che lo trovo assolutamente adatto» scherza il cantante, che prosegue: «Casto me lo hanno affibbiato i fan, che da subito hanno iniziato a chiamarmi il Casto Divo. Da lì ho deciso di usarlo, perché creava un bel contrasto coi miei contenuti e con quello che sono, cioè un signore distinto che a volte canta di zozzerie». Casto fa più fatica, invece, a sbilanciarsi su quale sia il brano al quale è più legato. «Come testi i miei preferiti sono Da grande sarai frocio ed Escort 25, perché raccontano un’epoca» spiega il cantante. «Come arrangiamento musicale invece devo scegliere Tropicanal e Deepthroat revolution. Tra i video premio Killer star e Discodildo per il forte valore affettivo». Ride, scherza e non può fare a meno di ironizzare raccontando di sé e del suo percorso musicale. Diventa di colpo serio però quando spiega i messaggi contenuti nei suoi brani: «Fondamentalmente racconto la società e la racconto nei suoi aspetti più paradossali e grotteschi, mettendola a nudo. Sta poi a chi ascolta – conclude l’artista – dare un giudizio e farsi un’idea. Ma è chiaro che il messaggio che cerco di far passare il più possibile è l’accettazione di se stessi, stare bene nel e col proprio corpo e orientamento sessuale, godere dei piaceri della vita». 

Silvia Buffa

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