Palermo, Orlando, l’Udc, la Regione

La vittoria di Leoluca Orlando a Palermo non è solo l’avvio di una nuova fase amministrativa della città, ma anche il punto di partenza di un possibile percorso politico che potrebbe interessare tutta la Sicilia. E quando parliamo di Sicilia non ci riferiamo solo alla Regione ma, in generale, a tutta la vita politica e amministrativa della nostra Isola, con riferimento, anche, ai rapporti con Roma, diventati difficili da quando il Governo Monti ha imposto una stretta sui conti pubblici.

Ci sono due elementi che è bene sottolineare in questi primi giorni della nuova esperienza di Orlando sindaco: l’apertura verso il mondo della politica e i rapporti istituzionali che la nuova amministrazione comunale intende avviare a trecentosessanta gradi.

Il primo elemento lo ha sottolineato lo stesso Orlando dopo la sua proclamazione a sindaco, là dove ha parlato di “apertura” a tutte le forze politiche presenti in Consiglio comunale.

Sul piano strettamente numerico il discorso è sembrato uu esercizio retorico, dal momento che la nuova amministrazione, a Sala delle Lapidi – sede del Consiglio comunale di Palermo – può contare su una maggioranza di 30 consiglieri comunali su 50. In realtà, il discorso di Orlando non è numerico, ma squisitamente politico. E di ampia prospettiva.

Il nuovo sindaco può fare affidamento su un grande consenso elettorale, su una squadra di assessori di alto livello e, anche, sull’esperienza del passato. Forse, uno degli errori commessi nel novembre del 1993 – quando anche allora divenne sindaco con un largo consenso popolare – fu quello di chiudersi rispetto al quadro politico generale.

Al contrario di allora, Orlando ha invece aperto alla politica, invitando, in primo luogo, le opposizioni presenti a Sala delle Lapidi a partecipare, con suggerienti e proposte, alla vita amministrativa della città. L’apertura riguarda, per quello che si è potuto capire, tutto il mondo della politica. E lo si è capito quando lo stesso Orlando, in conferenza stampa, ha annunciato la volontà di intrattenere rapporti istituzionali ad ampio raggio: rapporti con i cittadini, con la Regione siciliana e, in generale, con tute le istituzioni pubbliche della Sicilia, con lo Stato e con l’Unione Europea.

Qui il discorso diventa politico. Orlando eredita un Comune in dissesto finanziario non dichiarato. Una situazione difficilissima, dalla quale non si uscirà fuori senza le ‘sponde’ di altre istituzioni pubbliche. A cominciare dal governo nazionale retto da Mario Monti.

Qual è la strada migliore per arrivare a Monti? Non è certo quella del Pdl, partito che, tra l’altro, non può certo considerarsi alleato. Non è nemmeno quella del Pd, altro partito che si è strenuamente opposto prima a Rita Borsellino e poi alla sessa candidatura di Orlando. Non resta che l’Udc di Casini (a Roma) e di Giampiero D’Alia (in Sicilia). Per due motivi. In primo luogo perché l’unico partito che appoggia il Governo Monti con convinzione; in secondo luogo perché, in Sicilia, l’Udc è all’opposizione del Governo Lombardo: Governo Lombardo che, in accoppiata con il Pd, ha provato in tutti i modo a sbarrarre la strada allo stesso Orlando.

Tra la nuova esperienza del neo sindaco di Palermo e l’Udc c’è, insomma, un’oggettiva convergenza di interessi politici. Per affrontare e risolvere i problemi finanziari serve, in primo luogo, dialogo e armonia. Andare allo scontro con Roma, come ha fatto il Governo Lombardo, significa solo andare a sbattere la testa contro il muro. A differenza dell’attuale presidente della Regione, abile nei passaggi tattici, ma privo di strategia politica, Orlando, sin dalle prime mosse, guarda oltre.

Questo, con molta probabilità, sta generando un po’ di malumore fra i trenta nuovi consiglieri comunali della maggioranza orlandiana che – e questo è umano – pensano, in questo momento, a come collocarsi a Palazzo delle Aquile, tra presidenza del Consiglio comunale e presidenze delle commissioni consiliari.

Ma Orlando, in questa difficilissima fase di avvio della sua esperienza amministrativa, ha qaulche responsabilità i più. Deve avviare un’intesa proficua con il Governo Monti: da qui l’importanza strategica di un rapporto di collaborazione con l’Udc di Casini. Un rapporto, quello con l’Udc, che ha una doppia valenza strategica. Se, da un lato, sarà necessario, a breve, stabilire un dialogo con l’esecutivo nazionale, dall’altro lato sullo stesso Orlando pesa la responsabilità – proprio in virtù del largo consenso che ha dimostrato di avere – di guardare anche al quadro politico regionale. Dove i tre partiti che, fino ad oggi, hanno, bene o male, dominato lo scenario politico regionale – Pdl, Pd e Mpa – per motivazioni diverse, si dibattono in pesanti crisi.

Probabilmente senza rendersene conto, i quattro anni di presidenza Lombardo – peraltro largamente inconcludenti, se non dannosi, su piano amministrativo – disarticolando il quadro politico, hanno creato le condizioni per una nuova fase politica. Una svolta imposta anche dall’incapacità dell’amministrazione Lombardo di introdurre novità sostanziali nella gestione finanziaria della Regione.

Non saranno certo gli scontri, magari davanti la Corte Costituzionale, a risolvere gravissimi problemi finanziari della Regione. Per avviare un rapporto proficuo con Roma serve, in primo luogo, una “Sicilia con le carte in regola”, per dirla con il compianto Piersanti Mattarella. E solo dall’esperienza di Palermo – e dalle forze politiche in grado di interpretare una svolta – potrà partire un’esperienza politica e amministrtiva realmente innovativa.

 

Giulio Ambrosetti

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