Volge al termine il mini-ciclo targato Corini. La trama del film girato in casa rosanero in questo mese e mezzo – un film con l’ex capitano nei panni del protagonista – ha un epilogo scontato: salvo colpi di scena, che a Palermo sono comunque all’ordine del giorno, il tecnico e Zamparini si separeranno. Il divorzio verrà sancito nella giornata di oggi durante l’incontro previsto tra l’allenatore lombardo e il numero uno del club di viale del Fante. I due si confronteranno, discuteranno, ma difficilmente riusciranno a trovare un punto di incontro. Prospettive in chiave salvezza, capitolo mercato e potenzialità della squadra: sono troppi i pomi della discordia. Troppi i temi sui quali i due hanno opinioni e chiavi di lettura differenti. E quando un presidente e un allenatore viaggiano su lunghezze d’onda diverse è praticamente impossibile andare avanti.
Gli ultimi risultati, oltretutto, non agevolano la cucitura del rapporto e rendono ancora più pesante una situazione di precarietà presente ormai da un paio di settimane. Corini, che non gode più della fiducia del patron, quasi certamente verrà esonerato ma chiunque sarà chiamato a sostituirlo non potrà fare i miracoli con un organico che ha una qualità scadente. La scivolata di Vitiello che ha spianato la strada a Ragusa in occasione del momentaneo 2-1 del Sassuolo o la clamorosa incomprensione tra Posavec e Morganella, co-protagonisti del 3-1 realizzato da Matri che ha «tagliato le gambe» ai rosanero ieri al «Mapei Stadium» di Reggio Emilia, sono errori individuali che un allenatore non potrà mai «controllare» o gestire in prima persona. Prima del match con i neroverdi, facendo riferimento al clima che circonda la squadra, il tecnico aveva detto che anche allenatori del calibro di Mourinho o Guardiola troverebbero delle difficoltà a Palermo. Noi aggiungiamo che questi allenatori top farebbero fatica anche dal punto di vista tecnico guidando una squadra poco competitiva come quella allestita da Zamparini e dai suoi consulenti. Una squadra costruita male e prigioniera dei propri limiti. Una formazione, peraltro, affetta da un autolesionismo cronico che puntualmente vanifica i buoni propositi iniziali. Lo dimostra la facilità con la quale i rosanero in questa stagione hanno perso una gara dopo essere passati in vantaggio.
E’ successo anche contro il Sassuolo, abile a sfruttare le gravi amnesie di un Palermo che dopo un buonissimo approccio (gli uomini di Corini, avanti 1-0 grazie al quarto gol stagionale di Quaison, hanno tirato cinque volte in porta nei primi venti minuti), ha spento la luce ed è uscito dalla partita. Al netto della qualità degli emiliani (sugli scudi il convalescente Berardi autore di due assist vincenti), vanno messi in evidenza i demeriti dei rosanero. La squadra è viva e lo ha confermato nella prima porzione dell’incontro ma, complice una fase difensiva da incubo, non ha i mezzi per impadronirsi delle partite e imporsi sull’avversario. Anche un passaggio elementare al compagno più vicino diventa complicato. E’ un problema di natura tecnica o psicologica? Le lacune sono evidenti ma non va sottovalutata la componente «paura» che inevitabilmente condiziona chi è con l’acqua alla gola a causa di una classifica deficitaria (otto i punti di distanza dal quartultimo posto) ed è costretto a giocare ogni gara in apnea.
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