Palermo e i suoi spazi occupati, cronache di autogestione «Raccontiamo storia presidi di contropotere nel territorio»

Palermo e i suoi spazi occupati. Cronache di autogestione è un lavoro che riguarda pagine di storia cittadina che finora non erano state scritte. Attraverso le interviste ai protagonisti le curatrici del testo, Giuliana Sorci e Gabriella Palermo, hanno ripercorso la storia dagli anni Ottanta ad oggi da un punto di vista inedito. «Abbiamo scelto di fare il quaderno, il numero due del centro di studi e documentazione Zabùt – spiega Palermo – dedicandolo agli spazi sociali occupati. Abbiamo quindi fatto delle interviste ai diretti protagonisti di queste esperienze, sia quelle concluse che quelle ancora in atto, andando a ricercare il metodo, il momento storico e le attività politiche che hanno portato avanti. Questo perché riteniamo che i centri sociali e le occupazioni di spazi autogestiti rappresentino dei laboratori di alterità, di conflittualità nel territorio». 

Si parte dai primi spazi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, i centri sociali Montevergini, ExKarcere, Laboratorio Zeta, S.P.A.R.O. e più tardi Anomalia, Hotel Patria Occupato, Studentato Malarazza e il Teatro Mediterraneo Occupato. Un filo rosso, quello delle lotte studentesche, che rappresenta «un elemento che accomuna un po’ tutti – aggiunge la curatrice del volume – è la composizione giovanile presente in questi spazi nel momento in cui sono nati, legata soprattutto alle lotte dei movimenti studenteschi, universitari. I centri sociali che sono ancora presenti nel territorio sono più eterogenei, perché dal contesto delle lotte universitarie si sono spostati a quelle per la casa, per i disoccupati, per il quartiere. Tra le esperienze più significative ci sono senza dubbio quelle che sono ancora oggi radicate nel territorio, come il Centro Sociale Ex Karcere, occupato dal 2001, ma anche il Tmo. E sicuramente i box della Facoltà di Lettere». 

La maggior parte di queste occupazioni si trova nei quartieri popolari dell’Albergheria, della Magione, della Vucciria e di Borgo Vecchio. Nel momento in cui il centro sociale si radica nel quartiere diventa «uno spazio di contropotere nel territorio al quale poi questo si riferisce», aggiunge. E iniziano a venire fuori attività come il doposcuola per i bambini e la palestra popolare. Come anche le iniziative culturali e musicali. «Ci si rivolge al centro sociale perché riconosciuto come punto di riferimento a cui guardare – spiega ancora – per avere risposte per i propri bisogni, che spesso sono negati». Un lavoro svolto quindi per recuperare la memoria di come queste realtà sono nate e di come e perché alcune invece non esistono più.

«Crediamo che gli spazi ancora presenti continuino ad essere presidi sul territorio e laboratori di autogoverno in alcuni casi – conclude Palermo – Si è cresciuti insieme alle lotte politiche che si sono succedute in questo Paese. Non mancano le lotte per i precari, quelle dei comitati territoriali. Il nostro obiettivo è quello di fare un bilancio negli anni di quella che è stata l’esperienza dei centri sociali a Palermo, una ricostruzione storica, perché ci sembrava necessario ribadire il ruolo dei centri sociali, ma anche per un rilancio di queste realtà per capire la fase politica di adesso e come il centro sociale agisce sul territorio proprio in questa fase». Questo secondo lavoro editoriale verrà presentato il 3 maggio alle 17.30 al centro sociale Ex Karcere.

Stefania Brusca

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