Oggi, domenica 9 dicembre, alle porte di quello che fu il dominio dei Lo Piccolo, Libero Futuro e Addio Pizzo organizzano un presidio di informazione con la partecipazione di Piero Grasso, Procuratore nazionale antimafia, e Tano Grasso presidente della Fai, il coordinamento delle associazioni antiracket in Italia.
E’ un appuntamento che non sorprende più e invece dovrebbe stupire. Qualche anno fa per un imprenditore parlare pubblicamente del pizzo equivaleva a dipingersi addosso un bersaglio, esporre se stesso e la propria famiglia alla più terribile delle ritorsioni.
A metà degli anni ’80 del secolo scorso la mafia si vendicava per un rifiuto o una richiesta di trattare l’entità dell’estorsione uccidendo i figli di imprenditori palermitani, come accadde a Francesco Paolo Alfano e Rosolino Abbisso o alcuni mesi più tardi a Giuseppe Genova o a Giuseppe Albanese, trucidato mentre usciva da una banca.
Sono passati molti anni la spaventosa macchina militare degli anni ottanta ha perso molta della sua potenza. L’apogeo, le stragi del 93 e del 92, ha coinciso con l’inizio del declino. La rivolta composta, ma determinata di centinaia di imprese scuote dalle fondamenta l’edificio criminale. Se il racket smetterà di essere il perno del sistema impositivo mafioso, le file di quell’esercito si scompagineranno.
Riflettori accesi dunque sui nuovi vespri siciliani, la luce garantisce continuità e coraggio e indica alle migliaia di indecisi una strada da percorrere.
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