All’Università di Palermo dove ‘regna’ il Paperon dei superburocrati

In un momento storico in cui non si parla d’altro che di riduzione dei costi dell’apparato pubblico l’università degli studi di Palermo si “concede” qualche strano privilegio per i suoi vertici amministrativi. Dal confronto con le retribuzioni in atto negli altri Atenei emerge che mentre tutti i dirigenti delle diverse aree sono inquadrati con un trattamento economico massimo inferiore per diverse decine di migliaia di euro all’anno rispetto ai massimi previsti dal Contratto nazionale di lavoro, nell’università del capoluogo siciliano il direttore amministrativo, Antonio Valenti, è stato inquadrato, sin dall’inizio del suo mandato (2009) ai livelli massimi contrattuali! (a sinistra, un’immagine dell’università di Palermo: foto tratta da skuola.net)

Coma mai? E dire che neanche al Magnifico Rettore dell’università di Palermo, Roberto Lagalla, viene attribuita l’indennità massima possibile. Lagalla, infatti, mantiene il proprio compenso ad un livello inferiore al massimo consentito, in linea con i sani principi di amministrazione, vista la nota situazione di difficoltà economica in cui versa l’Ateneo di Palermo.

Non è così, come ora vedremo, per il dottore Valenti,per il quale le ‘casse’ dell’Università di Palermo non badano a spese. Non solo. Grazie alla legge Gelmini, il direttore amministrativo è diventato direttore generale, con una strana procedura automatica – senza altri candidati – messa in atto per la sua nomina. Eppure il nuovo Statuto prevedeva la valutazione di una “rosa di candidati. Ma tant’è.

Una cosa, comunque va detta: i ‘numeri’ delle retribuzioni in vigore nell’Ateneo del capoluogo dell’Isola sono, tutto sommato, visibili. Basta saperli individuare. E ‘leggere’, naturalmente. Allo stipendio indicato sulla finestra del sito dell’università (Trasparenza, valutazione e merito…) occorre poi aggiungere il gettone di presenza per la partecipazione del nostro direttore amministrativo, pardon, direttore generale, alle sedute del Consiglio d’amministrazione e del Senato accademico (circa 300 euro a seduta). Ovviamente, tutto regolare, per carità!

Solo che, con questo giochetto, nelle tasche del nostro direttore, oltre a 191 mila e 427,00 euro (ricavabili dal sito), arriva anche una ulteriore cifra di circa 1200/1500 euro al mese. Cioè altri 12-15 mila euro al mese ‘mansi’. Una ‘cucca’. (a destra, una metafora dell’università di Palermo: foto tratta da unipa.it)

E’ interessante porsi una domanda: come fa il nostro direttore generale ad arrivare a 191 mila euro e rotti all’anno? La parte fissa della sua retribuzione è pari a 159.523,08 euro. A cui si somma la cosiddetta indennità di risultato (quella legata al raggiungimento degli obiettivi) pari a 31.904,62 euro. Un po’ bizzarro come metodo di calcolo, no?

Perché, alla fine, anche se non dovesse raggiungere il risultato, 160 mila euro sono comunque assicurati (“Il porco è dentro”, si dice dalle nostre parti). Dal buon risultato arrivano 31 mila euro e rotti. Che significa questo? Semplice: che se il nostro direttore amministrativo, pardon, direttore generale, non raggiunge i risultati, la penalizzazione è di 31 mila euro. Insomma…

Meno male che il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, di tutta questa storia non sa nulla. Ve l’immaginate che succederebbe se venisse a sapere che negli uffici dell’Università di Palermo c’è un direttore generale che fa concorrenza a Paperon dei Paperoni? Speriamo che nessuno glielo faccia sapere, sennò…

Un bel guadagno, a conti fatti, per un dipendente dell’Amministrazione regionale che – a parità d’incarico – essendo interno alla stessa amministrazione, avrebbe avuto un compenso nettamente inferiore nel quale la percentuale legata al raggiungimento degli obiettivi sarebbe comunque stata pari al 30% mentre all’Università, come si può notare, è nettamente inferiore.

Il precedente incarico di direttore amministrativo presso la Azienda ospedaliera di Sciacca non deve essere andato molto bene, se non era stato riconfermato perché, notoriamente, avendo sforato il budget assegnato non ricorrevano i requisiti per la riconferma.

Peraltro, lo stesso direttore ha stipulato contratti per la dirigenza delle Aree inquadrando in prima fascia (dal punto di vista economico) dirigenti il cui curriculum appare un po’ debole. Anche questo è un punto che andrebbe studiato dettagliatamente, per verificare, uno per uno, la consistenza dei curriculum di tutti i dirigenti dell’Università di Palermo. Uno studio che potrebbe risultare piuttosto interessante.

In ogni caso, va detto che a questi dirigenti non è certo stato applicato un contratto di ‘manica larga’. Prima fascia sì, ma senza esagerare. Tanto che alcuni si chiedono: ma questi dirigenti andavano inquadrati in prima fascia? O, per caso, sono comunque retribuiti in eccesso rispetto al loro curriculum? Mistero.

Certo che di cose strane ne succedono in questa università di Palermo…

 

Redazione

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