Un brodino all’ora di pranzo per il Palermo. Lo ha servito sul tavolo del Barbera l’1-1 rimediato dai rosanero contro il Teramo nella gara giocata alle 12,30 e valida per la prima giornata di ritorno del girone C. Brodino? E’ in senso metaforico un’immagine da associare a qualcosa che sposta poco in relazione agli obiettivi prefissati e in effetti il risultato maturato nel match casalingo contro gli abruzzesi serve relativamente al Palermo se si considera che la compagine di Boscaglia avrebbe avuto bisogno dei tre punti per dare un impulso importante al proprio cammino e guadagnare terreno in classifica in ottica playoff. Ed è proprio da questo dato di realtà che deriva il sapore amaro di questo pari-brodino, una sensazione amplificata dalla consapevolezza ad esempio di avere sbagliato totalmente l’approccio alla partita come dimostrano i primi venticinque minuti di gara durante i quali i rosanero, impreparati al 20’ in occasione del gol del vantaggio realizzato dall’ex Primavera rosa Birligea trovatosi a tu per tu con Pelagotti in seguito ad un errore di valutazione commesso sia dai centrocampisti che da una difesa troppo alta, hanno incontrato grandi difficoltà nelle letture e nella gestione delle situazioni mostrando evidenti lacune nei movimenti di reparto e soprattutto nella capacità di trovare le giuste distanze.
Molte responsabilità, in tal senso, le ha lo schema spregiudicato scelto da Boscaglia che rispolverando il 4-2-3-1 lasciato inizialmente in soffitta nelle ultime quattro gare ha esposto a troppi rischi la sua squadra al cospetto del 4-3-3 (piano B rispetto al 4-2-3-1 che rappresenta il modulo base) proposto dal tecnico biancorosso Paci. Con il risultato che gli abruzzesi, costantemente in superiorità numerica nella zona nevralgica del campo e più lineari rispetto ad un avversario in confusione e troppo contratto, davano l’impressione di potere fare male ogni volta che imbastivano un’azione sfruttando in particolare i corridoi centrali. E’ un Palermo ancora alla ricerca di un equilibrio in fase difensiva, dinamica che coinvolge non solo i difensori di ruolo ma tutti i reparti, e il fatto che alla ventesima giornata di campionato il tecnico non sia riuscito ancora a registrare determinati meccanismi è certamente un aspetto preoccupante. E’ un campanello d’allarme come la facilità con cui i rosa continuano a sprecare clamorose palle gol. Maglia nera, nel caso specifico e con riferimento alla prima frazione di gioco, a Valente (tiro respinto da ottima posizione) e soprattutto a Luperini, già presente altre volte nel registro dei rosanero spreconi e ‘capace’ un paio di minuti dopo l’1-1 firmato Lucca di fallire un rigore in movimento ciccando il pallone a due passi dal portiere sugli sviluppi di un pallone vagante in area.
Nonostante il retrogusto amaro, tuttavia, bisogna riconoscere che nell’arco dei 90 minuti c’è stato anche qualcosa di saporito nel pari-brodino del Palermo, quel pizzico di sale con cui gli uomini di Boscaglia, passati al 4-3-3 nel momento in cui nella ripresa ha fatto il suo esordio con la maglia rosanero il neo-acquisto De Rose entrato al posto di un Rauti un po’ in ombra e schierato come play con Broh e Luperini (in seguito Broh e Santana) mezzali, dovrebbero condire molto più spesso le loro prestazioni. Il riferimento è alla reazione mostrata nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo dopo la rete del pareggio siglata alla mezzora da Lucca (al quinto gol in campionato e a segno sempre tra le mura amiche) con un colpo di testa angolato su cross di Kanouté. I padroni di casa hanno sfruttato l’inerzia favorevole e con il passare dei minuti hanno alzato notevolmente il proprio indice di pericolosità seminando il panico in almeno tre circostanze nell’area di un Teramo che fino al momento dell’1-1 sembrava in totale controllo del match.
E’ lecito, dunque, chiedersi se il vero Palermo è quello impaurito e spaesato della prima porzione della partita o la squadra caparbia che dopo avere ristabilito la parità ha iniziato a spingere con carattere e personalità scrollandosi di dosso ansie e preoccupazioni. E’ il leitmotiv del girone di andata, sufficiente per capire che il Palermo è tutto e il contrario di tutto, una squadra capace di sorprendere sia nel bene che nel male ma con una costante negativa che finisce per condizionarne il rendimento: la mancanza in organico, al di là di questioni tattiche o dell’emotività di un gruppo composto da diversi giovani, di giocatori in grado di fornire quel contributo in termini di qualità necessario per fare davvero la differenza.
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