Otto anni fa veniva a mancare Padre Ennio Pintacuda, gesuita, grande protagonista della rivolta dei cattolici contro la mafia

OGGI RICORDIAMO UN PERSONAGGIO CHE HA SEGNATO PROFONDAMENTE LA STORIA DI PALERMO NEGLI ANNI ’70 E ’80. CONTRIBUENDO, ANCHE, A DARE CONTENUTI ALLA RIVOLTA DEL MONDO CATTOLICO CONTRO COSA NOSTRA

Giacomo Greco, infaticabile animatore di iniziative culturali a Palermo e nel resto della Sicilia, ci ha inviato un E.mail che riprendiamo volentieri:

“OGGI, 4 SETTEMBRE 2013, E’ L’OTTAVO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI PADRE ENNIO PINTACUDA, UNO DEI PIU’ IMPORTANTI PADRI ISPIRATORI DELLA ‘PRIMAVERA DI PALERMO’. LO RICORDO A NOME DI TUTTI QUELLI CHE COME ME LO HANNO AMATO E CONTINUANO AD AMARLO E AD ORGANIZZARE INIZIATIVE E MANIFESTAZIONI PER NON FARE DIMENTICARE LA SUA OPERA E IL MESSAGGIO CHE CI HA LASCIATO.

LA ‘LIBERA UNIVERSITA’ DELLA POLITICA’ DA LUI FONDATA, INSIEME AD ALFREDO GALASSO, DIEGO NOVELLI, BEPPE GAMBALE, MICHELANGELO SALAMONE, DA ME E DA ALTRI AMICI, COMMEMORERA’ L’OTTAVO ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE A FILAGA 2013, QUEST’ANNO ITINERANTE A CALTANISSETTA, SABATO 21 SETTEMBRE ALLE ORE 16,30 A PALAZZO MONCADA, SEDE DEL CONSORZIO PROVINCIALE UNIVERSITARIO DI CALTANISSETTA.

Padre Ennio Pintacuda è morto il 4 settembre 2005 mentre era ancora Presidente del Cerisdi, il Centro di Formazione di Eccellenza che ha sede a Castello Utveggio a Palermo e che una parte del mondo politico siciliano vuole distruggere o degradare”.

Quest’anno, insomma, chi ha conosciuto Padre Pintacuda lo ricorderà con un po’ di amarezza, perché il Cerisdi, che ha presieduto, imprimendo a questo Centro di eccellenza una forte connotazione mediterranea (anticipando – come spesso gli capitava di fare – temi politici e sociali che altri avrebbero, al massimo, ‘scimmiottato’, più che altro per drenare soldi alla pubblica amministrazione), è stato umiliato da un Governo regionale arruffone e senza stile.

Questo giornale ha criticato l’ultima gestione del Cerisdi. Con tutto il rispetto per il professore Adelfio Elio Cardinale, a nostro avviso questo centro, già da tempo, avrebbe dovuto prendere le distanza dalla Regione siciliana: dalla regione di Raffaele Lombardo e, ancora di più – e lo dimostrano i recenti fatti – dalla Regione di Rosario Crocetta.

Il Cerisdi, a nostro modesto avviso, non avrebbe dovuto mescolarsi a queste due ultime, disastrose esperienze di Governo della Sicilia. Anche per rispetto verso lo stesso Cerisdi, e verso Padre Ennio Pintacuda, che è sempre riuscito, anche nei momenti difficili, a ‘volare alto’.

Un’istituzione come il Cerisdi – questa è la nostra opinione – adagiarsi sulla Tabella H, ma avrebbe dovuto puntare (e ci auguriamo che lo faccia) sull’apporto dei privati, anche di ‘respiro’ internazionale, distaccandosi da una Regione siciliana ormai FINITA, culturalmente prima che economicamente e finanziariamente. E’ stato un grossissimo errore dare il destro a un Governo volgare, come l’attuale, di apparire come il ‘moralizzatore’ della cosa pubblica.

Chiusa questa parentesi, oggi ricordiamo un grande personaggio della Palermo degli anni ’70 e ’80 del secolo passato. Giustissimo ricordare l’esperienza di Padre Pintacuda al Cerisdi. Ma siccome chi scrive ha vissuto – anche se da ragazzo – gli anni ’70, non può dimenticare il coraggio di un padre gesuita che, nei sui libri, denunciava i mali di una città e di una Sicilia che, in quegli anni, solo poche voci avevano il coraggio di mettere in luce (per esempio, il giornale L’Ora di Palermo).

Il ruolo di Padre Ennio Pintacuda è stato importantissimo nella Palermo a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, quando in Sicilia il mondo cattolico provava a tirarsi fuori dalle secche di un sistema politico e mafioso che permeava tutto e tutti. Sì, tutto e tutti, compresa una certa parte della Sinistra siciliana che aveva smarrito gli insegnamenti di Girolamo Li Causi.

Quegli anni sono stati importantissimi perché hanno segnato grandi rotture culturali e politiche. A Palermo e nel resto della Sicilia. Si pensi al ritorno di Pio La Torre nella nostra Isola, al suo ruolo centrale nella lotta per la pace e contro i missili di Comiso. Al ponte che La Torre riuscì a gettare verso il mondo cattolico, non per organizzare – come avevano fatto alcuni suoi predecessori – ‘operazioni consociative’ all’Ars e nei Comuni siciliani, ma per avviare una stagione di concreti cambiamenti.

Padre Ennio Pintacuda e, in generale, i gesuiti del Centro Padre Arrupe di Palermo hanno svolto un grande ruolo nel far risvegliare il mondo cattolico siciliano, fino ad allora troppo adagiato su una Dc fatta di ombre, ma anche di luci.

Importante è stata l’esperienza di Città per l’Uomo. E anche di Università per l’Uomo con l’infaticabile Padre Rizzo, altro gesuita di valore. Magari quello che leggerete a molti farà storcere il naso. Magari chi scrive ha capito male. Ma in quegli anni, chi di anni ne aveva venti o giù di lì, si cominciava a capire che “i figli delle luce” non dovevano temere “i figli delle tenebre”: semmai dovevano combatterli, anche, se il caso lo richiedeva, forzando un po’ la mano…

Poi, lo ribadiamo, c’era il travaglio del mondo cattolico siciliano. Quando si guarda a quegli anni in tanti pensano subito alla giunta comunale di Palermo della ‘Primavera’ di Leoluca Orlando. Ma prima di quell’esperienza c’è un grande dibattito, all’interno del mondo cattolico siciliano, che era iniziato molti anni prima, con la ‘Rivolta’ di Giuseppe Alessi, alla fine degli anni ’50, contro l’abolizione dell’Alta Corte per la Sicilia e con il suo tentativo – che molti hanno dimenticato perché bloccato sul nascere dalla Dc romana, soprattutto di Fanfani – di dare vita in Sicilia a un Partito autonomista sul modello della Csu bavarese.

Dopo – negli anni ’60 – arriverà l’esperienza di Giuseppe D’Angelo, grande esponente della Dc siciliana, e di “Sicilia domani”, un periodico, animato dallo stesso D’Angelo e da Franco Nicastro, che formerà tanta classe dirigente ancora oggi presente in Sicilia.

Degli anni ’80, prima della ‘Primavera’ di Palermo, va ricordato il congresso regionale della Dc di Agrigento. Data molto importante per un partito che metterà alla porta niente poco di meno che Vito Ciancimino. Mossa che questo partito pagherà politicamente (e non soltanto politicamente).

Di tutti questi fatti Padre Ennio Pintacuda è stato osservatore e, in buona parte, protagonista, spesso in prima fila, rischiando di persona.

Quelli sono stati anche gli anni della Rete di Leoluca Orlando. Qui il terreno diventa minato. Forse, per quello che abbiamo capito, qualche protagonista del Centro Arrupe avrebbe visto meglio Orlando segretario di una Dc morente. Era giusto? Era sbagliato? Con il senno del poi non si fa la storia. E non la si scrive.

Erano anche gli anni di Tangentopoli. E la Rete, sulle ceneri della Prima Repubblica, sembrava potesse avere una proiezione nazionale. Con personaggi di grande spessore come Alfredo Galasso, Franco Piro e via continuando. Poi la storia ha preso un’altra piega. Ma allora chi avrebbe potuto prevederlo?

Anche sulla rottura tra Padre Pintacuda e Leoluca Orlando, avvenuta nella prima metà degli anni ’90, si è molto favoleggiato. Forse, più che non comprendere Orlando, il gesuita delle mille battaglie sociali e politiche non comprendeva i personaggi scelti da Orlando nel novembre del 1993, quando venne rieletto Sindaco di Palermo con un voto plebiscitario.

Padre Ennio Pintacuda, che sapeva sempre guardare avanti, intuendo cose che altri non vedevano, pensava a una proiezione nazionale e internazionale della Palermo di quegli anni. Orlando, invece, vuoi perché un po’ stanco dopo la difficile (e contraddittoria) stagione della ‘Primavera’, vuoi perché mal consigliato, chiuse Palermo su se stessa, all’interno di un’esperienza magari interessante per certi aspetti culturali, ma auto-celebrativa e autoreferenziale. Cosa, questa, che a Padre Ennio Pintacuda, sempre con lo guardo attento sul mondo, non doveva andare molto a genio.

La storia, alla fine, ha dato ragione al gesuita ribelle. E a dimostrarlo è lo stato in cui versa oggi Palermo. Frutto, anche, di un ‘dondolio’ sul precariato che, ricordiamo, inizia con Orlando nel 1995, prosegue con l’avallo del Governo Prodi nella seconda metà degli anni ’90 e degenera nel decennio di Diego Cammarata: esperienza che è il frutto, anche, degli errori commessi da Orlando tra il 1994 e il 2000.

Il resto sono ricordi. Tanti ricordi.

 

 

Giulio Ambrosetti

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