«Siamo una piccola scintilla, ma è dalle piccole scintille che si può originare il fuoco di un incendio che metta paura alla vecchia politica». Non le manda certo a dire Oscar Giannino, il leader liberal di Fare per Fermare il declino, ieri sera a Catania per la tappa in Sicilia orientale del suo tour elettorale. Il numero uno del movimento nato in contrasto al «fallimento di chi ha governato per vent’anni affondando il Paese», ha presentato il programma dei fattivi davanti ad un pubblico di oltre 1400 persone, che hanno riempito fino all’ultimo posto la sala congressi dell’Hotel Sheraton di Acicastello. Dedicando alla città etnea – «unico caso in Italia» – quasi otto ore di incontri, insieme all’unica tappa siciliana dello spettacolo Una cena italiana, che ha preceduto la presentazione serale. E in cui, nei panni di attore, Giannino presenta una fotografia dei problemi della tipica famiglia italiana di oggi.
E’ proprio lo spettacolo che dà il via all’incontro elettorale. Sul palco, quattro personaggi che, seduti a tavola, stanno consumando la cena. A comporre il ritratto della famiglia media sono il nonno, esempio dell’uomo di sinistra, che rappresenta l’elettore del Pd; la mamma, commerciante, il cui marito è dovuto emigrare all’estero per trovare lavore e che, alle scorse elezioni, ha votato per il Pdl di Berlusconi; la figlia 20enne, laureata in Filosofia, ma che lavora in un call center, incinta ma non sposata e simpatizzante del Movimento 5 stelle; il figlio 18enne, neodiplomato e disinteressato di politica a tal punto da non voler andare a votare. In questo quadretto si inserisce Oscar Giannino che, venendo fuori da un ipotetico televisore, discute con questa «famiglia campione» dei loro problemi e propone le soluzioni dal punto di vista di Fare. Presentando, attraverso questo test, alcuni tra i punti cardine del suo programma: distacco dalla vecchia politica, debito pubblico – «da abbattere con la patrimoniale pagata dallo Stato, che è il più grande detentore di patrimonio inutilizzato» -, aumento delle tasse – «la destra promette di non farlo ma si smentisce e la sinistra propone idee per cui servono fondi da reperire con la tassazione» -, supporto alle famiglie, alle donne e alle nuove generazioni.
Al termine della pièce, gli attori lasciano il palco a Giannino per il suo comizio-monologo. In cui, tra polemiche ed applausi, snocciola i punti del manifesto di Fare. Che, come riassunto nel sito web, si propone di «tagliare e rendere più efficiente la spesa, ridurre le tasse su chi produce, abbattere il debito anche attraverso la vendita di proprietà pubbliche, premiare il merito tra i dipendenti pubblici, promuovere liberalizzazioni e concorrenza anche nei servizi e nel sistema formativo, eliminare i conflitti di interesse, liberare e liberalizzare linformazione, dare prospettive e fiducia agli esclusi attraverso un mercato del lavoro più flessibile ed equo».
Al centro del palcoscenico, il leader di Fermare il declino non risparmia le critiche alla vecchia politica, dirette sia a destra, che a sinistra. «Per vent’anni siamo stati governati da una classe politica che ha dimostrato di mancare totalmente di fiducia nel senso comune degli italiani. Che dice una cosa e ne fa un’altra». E rincara la dose. «Siete davvero convinti che uno sia il bene è l’altro sia il male? Che belle armate che combattono per il bene e il male sono destra e sinistra… La prima è l’armata del saccheggio e la seconda della dilapidazione!», urla tra gli applausi dei presenti. «Davvero li volete prendere sul serio?», chiede ai futuri elettori. Immancabile un accenno alla tappa palermitana del tour elettorale di Silvio Berlusconi, durante il quale, con la battuta sulla ex moglie, «ha dimostrato per l’ennesima volta una totale mancanza di rispetto non solo per tutte le mogli, ma anche per le madri, le zie e le sorelle. Mi fa vomitare».
Spazio anche al dibattito, con le domande del pubblico. Si è parlato di cultura e gestione dei teatri, facendo l’esempio dello Stabile etneo. Su cui Giannino propone di «abbattere l’Iva sulla filiera della cultura italiana» e «cambiare il sistema di incentivazione fiscale per i privati che vogliono sponsorizzare». Un’altra, sui sequestri amministrativi, ha centrato quello che da anni è il suo cavallo di battaglia: una «revisione dell’ordinamento tributario italiano». A prendere parola anche Maurizio Caserta, presente in sala. Il docente di economia e candidato sindaco di Catania alle prossime amministrative, dopo i complimenti al leader di Fare – «Lo ringrazio per la lezione di stile», dice – pone una domanda sui «controlli nel settore pubblico in un’area, come la Sicilia, ad alta densità mafiosa». Quesito su cui il numero uno dei fattivi propone una «triplice stratificazione di vigilanza»: controllo della giustizia – «in Italia è l’unica che esiste» -, introduzione della «responsabilità individuale nei processi dei dirigenti della pubblica amministrazione», forme di «confronto, controllo e azione da parte dei cittadini» sull’attività del pubblico. «Che devono avere pieno accesso a tutti i dati e sapere come viene speso ogni centesimo – sottolinea Giannino – così come, con il redditometro, lo Stato sa anche quanto spendiamo per il detergente intimo per lavarci tra le gambe!», accusa.
Uno l’obiettivo principale di Fare: superare lo sbarramento del quattro per cento alle elezioni del prossimo fine settimana ed arrivare in Parlamento. «Vi diranno che Giannino adesso si mette d’accordo con Berlusconi e Bersani, ché vuole ottenere a tutti i costi un seggio – afferma – ma non hanno capito che mi devono sparare per farmi cambiare idea», precisa, ribadendo la fiducia nel movimento e nella scelta degli elettori. «Ce la faremo anche grazie alla Sicilia e con i voti in tutta Italia», sottolinea. Dove, secondo il leader, Fermare il declino si è diffuso capillarmente e può contare su persone valide che ne fanno parte. «Tutti i candidati sono meglio di me. Io nella mia vita ho fallito una pluralità di mestieri tale che difficilmente con questo farò meglio. Ho solo messo a disposizione la mia porzione di notorietà per far entrare i bersaglieri a Porta Pia. Vogliamo continuare per anni a radicare le nostre idee». E, prima di lasciare lo Sheraton per raggiungere l’aeroporto, conclude con una precisazione. «Se alle elezioni mancherà la cifra, la colpa è solo mia. E chi verrà dopo rimedierà».
[Foto di CTzen e Fare su Facebook]
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