Ormai è ufficiale: in Sicilia il precariato lo devono pagare famiglie e imprese

Ieri la Corte dei Conti ha lanciato l’allarme: oltre alla Regione, che in bilancio si tiene oltre 3 miliardi di euro di entrate fittizie, anche il Comune di Palermo è a rischio default. La replica del Sindaco del capoluogo dell’Isola non si è fatta attendere. In una conferenza stampa convocata d’urgenza, Leoluca Orlando ha fatto sapere che la sua amministrazione ha salvato il capoluogo dell’Isola dal dissesto provocato dalla precedente gestione di Diego Cammarata.

Fin qui la cronaca di ieri. Ma come stanno, in realtà, le cose? La ‘lettura’ di quanto sta succedendo è un’altra. E gli attuali amministratori di Regione e Comune di Palermo (ma la questione riguarda anche altri Comuni dell’Isola) fanno finta di non capire. Proviamo a descriverla.

Qualche giorno fa il Consiglio comunale di Palermo ha votato un atto estremamente temerario. Ovvero la costituzione di una nuova società – la Rap – che dovrebbe prima prendere in affitto l’Amia e poi rilevarla. L’Amia, per la cronaca, è la società che a Palermo si occupa e si preoccupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.

In pratica, il Consiglio comunale di Palermo, d’accordo con la Giunta di Leoluca Orlando, ha deciso di prendersi sul ‘groppone’ i 2 mila e 700 dipendenti dell’Amia. Ben sapendo che questo comporterà un aumento delle spese di oltre 40 milioni di euro all’anno.

Come pensa il Comune di Palermo di trovare queste risorse? Semplice: aumentando la ‘bolletta’ ai cittadini: alle famiglie e alle imprese.

In pratica, Palermo si pone come ‘capofila’ di una ‘nuova sperimentazione’: scaricare sulle tasche dei cittadini il costo dei precari ‘stabilizzati’.

Peccato che molti dei dipendenti dell’Amia ‘stabilizzati’ siano ex Lsu (Lavoratori socialmente utili) assunti a tempo indeterminato con una legge nazionale. Dunque a pagare dovrebbe essere lo Stato e non i cittadini palermitani. Invece il Consiglio comunale di Palermo ha caricato questo costo improprio sugli ignari abitanti del capoluogo dell’Isola.

Il problema è che i cittadini palermitani non ce la fanno più. E’ di questi giorni la notizia che, in Italia, per gli sconti estivi, in media, ogni famiglia ha speso appena 70 euro. In pratica, ha speso 100 euro in meno circa rispetto all’anno scorso. Ebbene, a Palermo, anche se il dato non è stato calcolato, siamo sotto la media nazionale, ovvero sotto i 70 euro di spesa a famiglia per gli sconti.

La dimostrazione – ulteriore dimostrazione, se ancora ve ne fosse bisogno – che i palermitani, con riferimento alle famiglie e alle imprese, sono arrivati quasi al fondo e non possono pagare, con un sostanzioso aumento delle bollette, lo stipendio ai precari ‘stabilizzati’ dell’Amia.

Tra le righe, il ‘messaggio’ inviato dalla Corte dei Conti al Comune di Palermo è proprio questo: non colpite ancora famiglie e imprese della città, perché non ce la fanno più. Ma il Sindaco Orlando e il Consiglio comunale hanno fatto finta di non capire.

Lo stesso discorso vale per la Regione. Dove, in ballo, c’è lo stipendio dei 23 mila precari degli Enti locali (più altre 50 mila e forse più precari sparsi tra i vari uffici ed Enti della stessa Regione).

Per pagare i 23 mila precari degli Enti locali fino a dicembre è già pronto un disegno di legge che impegnerà i fondi globali. Con i fondi globali il Parlamento siciliano dovrebbe approvare nuove leggi (al plurale) e non la sola legge di proroga dei contratti ai 23 mila precari degli Enti locali.

Il problema è che la Corte dei Conti – unica istituzione che cerca di far ragionare i politici siciliani – ha fatto sapere al Governo e all’Ars che dovrà essere costituito un robusto fondo per garantire le mancate entrate pari a oltre 3 miliardi di euro. E che questa ‘robusta’ garanzia non potrà essere confezionata con i 36 milioni di euro della ex Tabella H impugnata dal Commissario dello Stato e da una serie di ‘imbrogli’ contabili. Morale: la garanzia per le mancate entrate andrà costituita con la maggior parte dei fondi globali, che non potranno essere utilizzati per la proroga dei contratti ai precari degli Enti locali siciliani fino a dicembre.

Siamo arrivati al dunque, insomma. Sia al Comune di Palermo per ciò che riguarda l’Amia, sia alla Regione per ciò che riguarda i 23 mila precari degli Enti locali, i soldi sono finiti. E non possono essere presi dalle tasche dei cittadini e dalle ‘casse’ sempre più vuote delle imprese.

Di fatto, si sta verificando quello che il nostro giornale scrive da un anno: la Regione e il Comune di Palermo non hanno più i soldi per pagare il precariato, ‘stabilizzato’ e non. Dovrebbe pagare lo Stato. Ma oggi lo Stato toglie e non dà a Regione e Comuni.

Lo Stato, quest’anno, ha tolto alla Regione 914 milioni di euro. E ha ridotto i trasferimenti a tutti i Comuni, compreso quello di Palermo.

In questo scenario, i governanti della Regione e del Comune di Palermo pensano – sbagliando – di scaricare con nuove tasse locali il costo del precariato.

Siamo arrivati alla fine del giro: di fatto, per pagare lo stipendio ai precari della Sicilia bisogna togliere i soldi dalle tasche dei siciliani.

Tutto questo è una follia, perché i siciliani non ce la fanno più. Proprio ieri, una nota organizzazione imprenditoriale del nostro Paese ha diffuso la notizia che, negli ultimi anni, in Italia, le tasse e le imposte locali sono aumentate del 500 per cento. mentre quelle dello Stato di ‘appena’ del 70 per cento.

In questo scenario, Regione e Comune di Palermo vorrebbero tartassare ulteriormente cittadini e imprese per mantenere il precariato.

Cari politici siciliani: il precariato lo deve pagare lo Stato e non i cittadini. Perché è lo Stato che ha fatto passare tutte queste leggi – nazionali e regionali – sul precariato. E’ inutile ‘spremere’ ancora famiglie e imprese siciliane, perché non c’è più niente da spremere.

Redazione

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