Cronaca

Operazione Sangue blu, l’estorsione al negozio di giocattoli durava da 30 anni: «Dopo una rapina mi sono sistemato»

Più di trent’anni di estorsione. Pagata puntualmente, ogni anno, subito dopo la Festa dei morti. Non per oscuro romanticismo degli estortori, ma per necessità della vittima: un negozio di giocattoli di Misterbianco, nel Catanese, che in periodo di festività e regali ai bambini aveva la liquidità necessaria per affrontare la richiesta. È una delle vicende di pizzo al centro dell’indagine Sangue blu, che oggi ha portato all’emissione di 30 misure cautelari e ha permesso di tracciare il profilo del nuovo reggente del clan Santapaola Ercolano. Di sicuro l’estorsione, tra quelle scoperte, che meglio dimostra come le mafie cambino – nei settori e nei modi – ma certe attività possano rimanere immutabili.

Il passaggio del testimone del pizzo

«Quando mi incaricarono di occuparmi di questa estorsione, mi indicarono le fattezze del titolare: un uomo basso, con i capelli bianchi, all’epoca di circa 55 anni e mi dissero di spiegargli che Buttigghia (soprannome di chi prima si occupava della riscossione, ndr) non faceva più parte della nostra
famiglia e che da quel momento in poi avrebbe dovuto consegnare a me le somme». Racconta così ai magistrati il collaboratore di giustizia Silvio Corra, ex reggente del gruppo mafioso dei Nizza. Solo uno dei tanti incontrati dal titolare del negozio nel lungo periodo sotto estorsione. C’era chi, come Corra, seguiva la questione per qualche anno, per poi passare il testimone ad altri perché detenuto o sollevato dall’incarico. «Quando arrivavano soggetti nuovi facevano il nome dell’ultimo che aveva
riscosso, dicendo che li mandava al suo posto», racconta la vittima.

Duemila euro ogni anno

E sono almeno tre gli uomini riconosciuti dal giocattolaio, quando viene chiamato dai carabinieri nel 2020. Ma non subito. «Dopo una comprensibile inziale reticenza dovuta al timore di ritorsioni» e dopo aver saputo che i militari erano già a conoscenza di tutto, prove comprese, l’uomo si è deciso a raccontare: «Intorno al 1989-1990, dopo aver subìto una rapina, si presentò una persona che mi disse che avrei dovuto sistemarmi pagando una quota annuale». Due milioni di vecchie lire diventate poi duemila euro all’anno, sempre nello stesso periodo: i primi giorni di novembre, dopo le festività dei santi e dei morti. «Avevo scelto quella data perché sino a quel periodo c’era parecchia vendita e volevo evitare che qualche delinquente fosse notato dai clienti». Un pagamento a fronte di un servizio, non proprio puntuale: «Dopo parecchi anni, chi veniva a riscuote mi disse che, se avessi voluto, mi avrebbe fornito un numero di telefono cui chiamare in caso di bisogno e in particolare nel caso subissi dei furti», racconta ancora l’uomo.

Il metodo

Il funzionamento era ormai rodato. A ottobre qualcuno si presentava in negozio, per fissare il giorno esatto della riscossione: come e meglio dei corrieri, «io indicavo la data nei primi di novembre specificando la mattina o il pomeriggio», spiega il titolare. Lo stesso che preferiva consegnare il denaro all’esterno, per evitare che qualche dipendente o cliente si rendesse conto di cosa stava succedendo: «lo uscivo fuori e gli consegnavo i soldi in una scatola vuota o con un giocattolo o in mezzo a carta di giornale». Tutto solito fino al 2019, quando il giocattolaio ricorda di essere andato davanti all’ospedale Garibaldi nuovo, su richiesta dell’estortore del momento, Michele Schillaci, originario di Troina, nell’Ennese, tra gli indagati: «Ho fatto un’eccezione – spiega – mi chiese questa cortesia perché mi disse che non poteva recarsi a Misterbianco». Un impegno, in realtà, stringente: la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, Catania.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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