Un viaggio nel mondo delle tradizioni attraverso l’opera dei pupi della famiglia Napoli, la cui bottega si trova a Catania nella zona del castello Ursino, in via Reitano. Una storia che si tramanda di generazione in generazione a partire dal 1877, anno di nascita di Gaetano Napoli. «Tutto è partito da mio nonno, per poi passare a mio padre Natale che ha lasciato le redini di questo mestiere a me», racconta a MeridioNews il direttore artistico Fiorenzo Napoli che, sposando una sua compagna di classe, ha dato vita alla quarta generazione dei Napoli che rappresentano il presente e il futuro di una dinastia che non si è mai fermata dalla fine dell’Ottocento. «Abbiamo firmato un patto di sangue con le tradizioni – spiega – Sudore e sacrifici sono stati indispensabili per portare avanti tutto ciò». Si torna indietro nel tempo, a quando i pupari andavano in scena nei quartieri della propria città. Quasi 18 i teatri a Catania che tutte le sere operavano con un proprio pubblico e con i propri pupi.
Una tradizione che ha subìto degli sconvolgimenti quando, alla fine degli anni Cinquanta, la modernità e l’industrializzazione hanno preso il sopravvento. «C’è stato un tradimento da parte della gente che affollava le sale dell’opera dei pupi e che ha cambiato orizzonti, rivolgendosi verso i beni di consumo come la macchina, la TV e il frigorifero», evidenzia il direttore artistico. In ambito teatrale, non c’era più un confronto tra classe egemone e subalterna e temi, come quello del riscatto sociale, sono stati superati. «Ci siamo adattati – aggiunge Fiorenzo Napoli – capendo che bisognava mettere in atto una sfida tra permanenze e mutamenti, accettare la tradizione ma modificarne i ritmi e sposare nuovi filoni. Nel 1958, quando gli altri morivano, sono venuti a trovarci grandi personaggi come Modugno, nasce la commedia musicale con Rinaldi in campo. Salire su tutti i palcoscenici con Modugno, Ciccio Ingrassia e molti altri è stato un miracolo che si è ripetuto ora con Massimo Ranieri con le altre edizioni di Rinaldi in campo».
L’opera della famiglia Napoli nel tempo è stata dunque accompagnata da grandi scenografi e coreografi, oltre a essere riuscita a imprimere forti segnali di sicilianità in occasioni come l’inaugurazione dell’atomo nell’Expo universale di Bruxelles. Adesso è in corso una mostra a Modica ispirata alla madre di Fiorenzo Napoli (morta nel 2018, ndr). Come lo stesso afferma, «per 70 anni è stata la voce delle eroine e delle pupe della famiglia Napoli, oltre a essere stata una forte donna come i personaggi che portava in scena».
Una mostra dedicata al settore femminile, spesso non considerato, fa notare il direttore dell’opera. Lo stile catanese, a differenza di quello palermitano dove – per tradizione – le pupe vengono parlate e doppiate dall’uomo, prevede la presenza di una figura femminile. «Associare la tempra di personaggi come Bradamante o Angelica mi ha fatto pensare a mia madre, una giovane donna che entrò prestissimo nella nostra famiglia divenendone il faro con la sua capacità artistica e il suo modo di essere. La donna dell’opera dei pupi, per eccellenza», aggiunge l’artista. Per quest’ultimo la bottega viene vista come il luogo della rinascita e del ritorno alle origini: «Quando ci entro divento il bambino di sempre. C’è questa metamorfosi ovidiana. I muri mi parlano e questi luoghi della memoria, dove sono peraltro nato, mi fortificano e mi confortano. La bottega è il mio rifugio quando litigo col mondo».
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