Open Arms, il processo a Matteo Salvini entra nel vivo Le autorità italiane ricostruiscono fatti dell’agosto 2019

Il processo a Matteo Salvini entra nel vivo, stamattina difronte a i giudici di Palermo, hanno parlato in qualità di teste alcuni ufficiali della guardia costiera, che hanno raccontato la loro versione di quanto accaduto nell’agosto del 2019, quando la nave della ong Open Arms rimase a largo delle coste siciliane carica dei migranti salvati in due diversi naufragi, in attesa di un’autorizzazione ad attraccare. Tra loro l’ammiraglio Sergio Liardo, capo del terzo reparto Piani e operazioni e Imrcc del Comando generale del corpo delle capitanerie di porto. «La Open Arms rifiutò l’offerta di attracco di Malta – dice Liardo – La nave era carica di naufraghi e sicuramente avevano l’obbligo di cercare di sbarcarli prima possibile». Parole su cui ha fatto molto affidamento la legale di Salvini, l’avvocata Giulia Bongiorno, secondo cui sarebbero la dimostrazione delle tante contraddizioni nel comportamento dell’organizzazione non governativa in mare. 

Secondo gli spagnoli, tuttavia, ci sarebbe stato un motivo: Malta aveva infatti garantito possibilità di sbarco a 39 dei 147 migranti soccorsi e la ong aveva rifiutato sostenendo che la decisione di sbarcare solo parte dei naufraghi avrebbe scatenato il caos a bordo. «Il primo agosto del 2019 la nave Open Arms ci comunicò di avere fatto un soccorso di 52 persone, che poi sono salite a 55 – dice inoltre l’ammiraglio – Era una prima comunicazione da parte di Open Arms, visto che non eravamo stati noi a coordinare questa attività. Per questo abbiamo comunicato al ministero dell’Interno. In seguito al decreto Sicurezza bis fu emesso un decreto di interdizione di ingresso in acque territoriali firmato dal ministero dell’Interno, con firma anche del ministero alle Infrastrutture e del ministero alla Difesa».

Alla ong erano stati offerti anche altri due porti in Spagna, ma erano distanti giorni di navigazione e la condizione dei migranti a bordo era critica. «Erano molto provati, in più di un’occasione in diversi si buttarono in mare per cercare di raggiungere Lampedusa a nuoto ed era anche difficile soccorrerli perché non volevano tornare a bordo della nave – spiega un altro teste, Leandro Tringali, dell’Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa – I migranti erano tutti a poppa, una donna era a terra svenuta, c’erano casi di scabbia e le condizioni erano molo gravi». Secondo Tringali l’imbarcazione aveva una capienza massima di 19 persone, ma a bordo ce ne erano oltre cento. E alla domanda del magistrato Gery Ferrara sulla possibilità di segnalati che potessero fare pensare alla presenza di terroristi a bordo, Tringali risponde con un secco: «Non mi risulta». 

Gabriele Ruggieri

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