Omicidio Pagliarelli, unico indiziato rinviato a giudizio Legale: «Indagini tecniche negative, non è lui il colpevole»

«Rinviato a giudizio». Questa la decisione del gup del tribunale di Palermo nei confronti di Pietro Seggio, unico indiziato dell’omicidio di Francesco Manzella, freddato con un colpo di pistola alla tempia il 17 marzo 2019 in via Gaetano Costa, poco distante dal carcere Pagliarelli. L’udienza, malgrado le restrizioni per contenere il contagio da Covid-19, si è comunque tenuta questa mattina in un palazzo di giustizia blindatissimo, con aula a porte chiuse e mettendo in atto tutte le misure necessarie. A chiedere espressamente di non rinviarla a data da destinarsi è stato proprio Pietro Seggio, in custodia cautelare dal giorno del suo arresto. L’udienza è stata fissata per il 28 aprile, davanti alla seconda sezione della corte d’assise. L’avvocato Giovanni Castronovo, che lo rappresenta, ha scelto il rito ordinario: «La cosa assurda – dice a MeridioNews – è che lindagini tecniche su polvere da sparo e impronte hanno dato tutte esito negativo. A questo punto faremo il processo, perché sarà impossibile dimostrare la sua colpevolezza, non abbiamo scelto l’abbreviato proprio per questo».

Il fermo di Pietro Seggio, da sempre l’unico indiziato per questo delitto, era scattato a poche settimane dall’omicidio. Francesco Manzella è stato ucciso con un unico colpo dopo le 23 di quella domenica di quasi un anno fa. Il nome di Seggio, che gestisce una pizzeria poco distante dal luogo del delitto, è uscito fuori quasi subito. Dopo la testimonianza della vedova del 34enne e una prima analisi dei contatti presenti nel cellulare della vittima. Tra questi, ci sarebbe stato anche lo stesso Seggio, che successivamente fornirà agli inquirenti un alibi piuttosto debole per quella sera. Avrebbe avuto un appuntamento con la sua amante, poi è andato in fumo, ma la donna e alcuni suoi colleghi della pizzeria lo hanno poi smentirlo. Lo stesso Seggio, però, ha ammesso di aver sentito la vittima proprio il giorno della sua morte perché voleva acquistare della cocaina. Si sarebbero incontrati intorno alle 22 vicino alla sua pizzeria. Seggio avrebbe poi continuato la sua serata nel locale, dove sarebbe rimasto, secondo la sua ricostruzione, fino alle 23.30 circa. Andato all’appuntamento con l’amante, questa non si sarebbe presentata. Quindi sarebbe poi tornato in pizzeria per andare di nuovo via un’ora dopo, a bordo della sua auto.

Tante, però, le irritualità che si sarebbero verificate durante le indagini denunciate dall’avvocato CastronovoSarebbe mancata, secondo il giudizio della difesa, un’autonoma rielaborazione all’epoca da parte del gip, che si sarebbe esclusivamente basato su quanto messo insieme dall’accusa, mancando di dare adeguato peso e risposta a quanto avanzato allo stesso modo dalla parte opposta. Così come, di conseguenza, sarebbe venuto meno anche il dovuto controllo. Ma non solo. Per la difesa, altri aspetti non avrebbero funzionato, uno fra tutti la modalità, a suo dire «illegittima», con cui sarebbero state raccolte le dichiarazioni di Seggio, dopo il fermo. Secondo la ricostruzione dell’avvocato Castronovo, tutto sarebbe partito dal rinvenimento, nel telefonino della vittima, del numero di cellulare dell’indagato, ritenendo che Seggio si fosse reso irreperibile per sfuggire alle indagini. L’uomo viene ascoltato il 18 e il 19 marzo, praticamente nei giorni immediatamente successivi al delitto, come persona informata sui fatti senza avvisare né lui né i suoi familiari che potevano avvalersi della facoltà di non rispondere. Insomma, per usare quanto riferito dal 42enne e dalla sua famiglia, Seggio avrebbe dovuto piuttosto essere sentito sin dall’inizio come indagato.

Modalità ritenute invece legittime dal primo gip, che ha sottolineato dal canto suo come inizialmente le indagini per l’omicidio di Manzella fossero a carico di ignoti e che solo dal 26 marzo, quindi nove giorni dopo il delitto, Seggio venga iscritto nel registro degli indagati. Ed è a partire da questo momento, a detta del giudice, che sarebbero effettivamente emersi gli indizi contro di lui. Come quello, appunto, di essersi reso irreperibile allontanandosi da casa, dopo aver avuto contatti telefonici con la vittima il giorno della sua morte, circostanza per altro ammessa da Seggio. Ma perché un uomo che non sa neppure di essere indagato o comunque cercato dalle forze dell’ordine dovrebbe rendersi irreperibile? E se questa circostanza fosse stata semplicemente male interpretata? È il dubbio sollevato sin dall’inizio dalla difesa. Seggio, dal canto suo, ha sempre spiegato di  aver reagito in quel modo a causa di un violento litigio con la moglie.

Mentre sua sorella ha sostenuto che la Panda color bronzo, che per gli inquirenti potrebbe essere compatibile con quella immortalata dalla telecamera della Edil System mentre attraversa via Olio di lino intorno all’ora dell’omicidio di Manzella, era sempre parcheggiata con le chiavi lasciate appese nel quadro, per cui potenzialmente chiunque avrebbe potuto utilizzarla, ammesso che si tratti della stessa automobile. Dato che viene non viene ripresa nella strada dove è stato ritrovato il cadavere. Non c’è insomma nessun dato certo sull’auto né su chi vi fosse alla guida. La sorella racconta anche di aver tentato lei stessa di saldare il presunto debito di 700 euro con lo stesso Manzella, che però avrebbe inspiegabilmente rifiutato quei soldi. Circostanza che, secondo l’avvocato, contribuisce a evidenziare «l’illogicità del movente ipotizzato». Tante, nel mezzo, le contestazioni mosse dalla difesa, a partire dalle dichiarazioni che per il legale sarebbero appunto  inutilizzabili, a cominciare da quelle di Seggio stesso. Che, però, è rimasto l’unico indiziato del delitto. Sino a diventare, adesso, l’unico imputato.

Silvia Buffa

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