L’avvertimento non era servito. Così ne era stata decretata la morte. Massimiliano Milazzo, all’epoca dei fatti 26enne, fu ritrovato carbonizzato e con le mani mozzate nella campagne di Misilmeri, nel palermitano, il 30 giugno del 2013. Ci sono voluti oltre due anni di indagini e l’esame di 1.500 ore di filmati ripresi dalle telecamere sparse sul territorio per far luce su quell’efferato delitto. Per quell’omicidio oggi i carabinieri hanno arrestato Giuseppe Correnti, 51 anni, e Pasquale Merendino, 33 anni, ritenuti responsabili anche della distruzione del cadavere della vittima.
Il provvedimento di custodia cautelare in carcere è stato emesso dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura distrettuale e della Procura di Termini Imerese. Secondo gli investigatori sono loro gli autori materiali del delitto, messo a segno dopo aver convinto la vittima a seguirli con l’inganno in un’area di campagna. Qui lo avrebbero picchiato selvaggiamente, procurandogli ferite che lo hanno condotto alla morte. L’autopsia effettuata sul cadavere di Milazzo ha evidenziato la frattura della clavicola e della mandibola. «Il taglio delle mani, mutilazione di elevato valore simbolico che rievoca la punizione inflitta ai responsabili di furti – spiegano gli investigatori – è stato praticato, verosimilmente, con un attrezzo agricolo compatibile con una zappa».
Un delitto efferato, pianificato nei minimi dettagli, il cui movente per l’accusa è da ricercare nell’atteggiamento “irriguardoso” che Milazzo avrebbe assunto nei confronti di alcuni membri della famiglia Merendino, spacciando droga nei pressi delle loro abitazioni e commettendo furti. Dalle testimonianze raccolte dai carabinieri, infatti, è emerso come non corresse buon sangue tra la famiglia Merendino e la vittima, invitata a «vagabondare» in un posto diverso rispetto alle zone abituali, troppo vicine all’attività commerciale dei Merendino e alla loro casa. Un “ordine” che Milazzo non avrebbe tenuto in considerazione, dicendo ai Merendino di cambiare loro zona. E così per il suo rifiuto fu punito. Con la morte.
Massimiliano Milazzo scomparve da Misilmeri la sera del 26 giugno del 2013, il giorno dopo la sua convivente presentò denuncia presso la stazione dei carabinieri e nel pomeriggio del 30 giugno una telefonata anonima a un cittadino segnalò la presenza di un corpo carbonizzato e mutilato in un terreno di sua proprietà in contrada Risalajme. A farla era stata due fidanzati, risultati totalmente estranei al delitto, che si erano imbattuti nella macabra scoperta mentre erano alla ricerca di un posto isolato in cui appartarsi. Gli accertamenti eseguiti dal reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Messina, su campioni di dna prelevati dal cadavere permisero di dare un nome a quel corpo mutilato e le indagini di ricostruire le ultime ore di vita della vittima.
Dall’attento esame dei filmati acquisiti da telecamere sparse sul territorio di Misilmeri (circa 1500 ore di registrazioni), è emerso che Milazzo aveva trascorso parte del pomeriggio presso il bar 283 in via Roma. Alle 19.45 si era allontanato a bordo di una Fiat Uno condotta da Pasquale Merendino, immortalata da una telecamera mentre transitava in un’area vicina al luogo del delitto. Le immagini hanno permesso di notare come la vettura guidata da Merendino fosse preceduta da quella condotta da Giuseppe Correnti. Circa un’ora più tardi, le stesse telecamere hanno filmato le due autovetture mentre facevano ritorno verso Misilmeri, stavolta con i soli conducenti a bordo.
Le immagini registrate davanti bar “283”, inoltre, hanno ripreso, subito dopo che Milazzo si era allontanato in compagnia di Merendino, il nipote di quest’ultimo mentre, rivolgendosi ad alcuni amici affacciati a un balcone di fronte al bar, mimare chiaramente il gesto del taglio delle mani e di un pestaggio. Oggi a oltre due anni di distanza è arrivata la svolta nelle indagini.
La vittima: Massimiliano Milazzo
I due arrestati: Pasquale Merendino e Giuseppe Correnti
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