Cronaca

Omicidio Agata Scuto, la ricostruzione del fratello che presentò e ritirò la denuncia di scomparsa

«Rosario Palermo ci ha costretti ad andare a ritirare la denuncia di scomparsa che avevamo presentato ai carabinieri». Al centro dell’udienza di oggi del processo per l’omicidio di Agata Scuto – la 22enne scomparsa da Acireale (nel Catanese) dal 4 giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato – in cui è imputato l’ex compagno della madre della vittima, Rosario Palermo, c’è stata la testimonianza di uno dei fratelli della ragazza, Cristian Scuto. È lui a fare la denuncia di scomparsa e sempre lui a ritirarla qualche giorno dopo. «Rosario ha insistito che Agata stava bene, che stava con un ragazzo, che lui l’aveva vista su un motorino ad Acireale e perfino alla festa dell’Ottobrata di Zafferana Etnea». In realtà, quando si presenta per ritirare la denuncia Cristian dice ai carabinieri che sono stati lui e la madre ad avere visto la 22enne che aveva anche detto loro di «lasciarla in pace e che non aveva intenzione di tornare a casa». A chiedere spiegazioni su questa dichiarazione è stato l’avvocato Marco Tringali. Il legale che difende l’imputato che anche oggi era presente dietro le sbarre dell’aula della corte d’assise d’Appello al secondo piano del tribunale di Catania, davanti alle telecamere della trasmissione Un giorno in pretura. «Avevo visto un motorino guidato da un ragazzo e con una giovane dietro. Ma era sera, non vedevo bene e ho pensato fosse lei». Una ricostruzione che non convince il presidente della corte che torna più volte sul punto per cercare di fare chiarire al teste il motivo del ritiro della denuncia di scomparsa.

La ricostruzione del fratello parte proprio dalla mattina del 4 giugno di undici anni fa quando lui e la madre escono di casa per fare delle commissioni, tra cui una ricarica telefonica che sarebbe stata richiesta da Agata. Quando rientrano nel primo pomeriggio, la ragazza non c’è. «L’abbiamo chiamata al cellulare, lei ha risposto dicendo: “Me ne sono fuggita con un ragazzo che si chiama Antonio. Poi vi verrò a trovare e ve lo farò conoscere”». Prima di allora nessun familiare aveva mai sentito parlare di un Antonio e nemmeno di altri uomini. «Era una ragazza fragile. Non usciva mai, non aveva amiche e non frequentava nessuno fuori dalla casa. Non sarebbe mai stata in grado di vivere da sola per conto suo», ha chiarito durante il suo esame Stefania Benincasa, l’ex moglie del fratello Gianluca che all’epoca era la sua fidanzata. «Mia sorella sembrava gelosa di Palermo quando stava con mia madre – riferisce ancora Cristian rispondendo alle domande del pubblico ministero e degli avvocati delle parti – Faceva anche delle scenate. Pochi giorni prima di scomparire aveva detto che non le era venuto il ciclo mestruale». Per l’accusa Palermo l’avrebbe uccisa proprio perché la ragazza avrebbe aspettato da lui un bambino.

Dopo le questioni personali e relazionali si è passati a quelle economiche. Riconosciuta invalida, la 22enne percepiva una pensione di 280 euro mensili. Di gestire quella somma, controllando periodicamente l’estratto conto, e di andare anche fisicamente a ritirarla allo sportello del banco posta sarebbe sempre stato proprio il fratello Cristian. Agata non sarebbe stata in grado infatti di utilizzare la PostePay di cui non avrebbe conosciuto nemmeno il codice pin. «Quando è scomparsa, Agata si è portata via tutto», sostiene il fratello parlando di due carte. Mentre dagli atti del processo emerge che la carta era una sola di cui lui era il cointestatario. Poche ore dopo la scomparsa, da quel conto viene fatto un prelievo di circa 500 euro. «Non sono stato io», puntualizza più volte il fratello ribadendo però che la vittima non l’aveva mai fatto e che non ne sarebbe stata in grado. Dagli atti emerge anche per, negli anni successivi, i familiari hanno continuato a incassare la pensione della vittima. «Eravamo in difficoltà, in alcuni periodo mangiavamo limoni raccolti dagli alberi», si giustifica il fratello Cristian. È il difensore di Palermo a chiedere cosa sia stato fatto dal 2012 al 2016 – la data della nuova denuncia di scomparsa presentata dai familiari – per cercare la ragazza. «Abbiamo sperato che tornasse», conclude il fratello prima di lasciare la parola anche alla sorella Giusy Scuto – che già all’epoca non viveva più in quella casa – e poi allo zio paterno Daniele Scuto che ha raccontato di come, circa un mese prima della scomparsa, avesse incontrato la nipote al centro commerciale I ciclopi di Acireale. «Era sera, era da sola, e mi ha detto che Cristian l’aveva lasciata lì e che aveva paura. Accanto a lei c’era un ragazzo ricciolino che lei però mi disse di non conoscere».

Marta Silvestre

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