Omicidio ad Avola, rinviati a giudizio i due fratelli Caruso Dopo una lite avrebbero sparato dieci colpi contro Pace

Sono stati rinviati a giudizio i due fratelli Salvatore (25 anni) e Corrado Caruso (22 anni), i due fratelli accusati dell’omicidio del giovane 25enne Andrea Pace avvenuto lo scorso 12 giugno ad Avola (in provincia di Siracusa). Entrambi, fermati quattro giorni dopo il delitto, devono rispondere di concorso in omicidio volontario aggravato dai futili motivi e di porto abusivo di armi da fuoco. 

Secondo la dinamica ricostruita finora, i due dopo un diverbio avrebbero atteso Pace sotto casa – in via Neghelli – e gli avrebbero sparato dieci colpi di pistola alle spalle, di cui cinque andati a segno, sia da lontano che da distanza ravvicinata. L’arma – una pistola calibro 22 – era poi stata ritrovata, a luglio scorso, in una zona di campagna impervia tra Avola e Avola antica.

Il gup del tribunale di Siracusa Andrea Migneco ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto procuratore Enea Carlo Parodi. La prima udienza del processo si terrà il prossimo 12 marzo. I due fratelli, che durante l’interrogatorio di garanzia si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, saranno giudicati dalla corte d’Assise di Siracusa. 

Fondamentali per le indagini dei carabinieri di Noto sono state le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona e anche alcune testimonianze di persone vicine alla vittima. Secondo quanto ricostruito, il 25enne avrebbe trascorso con i due fratelli parte della serata. I giovani, che si conoscevano tra loro, non erano comunque amici. Il movente dell’omicidio è ancora al vaglio degli inquirenti che avrebbero indirizzato quasi subito le indagini sulla pista legata alla sfera personale di Pace. Le autorità hanno presto «escluso qualsiasi collegamento con il rapporto travagliato tra la vittima e la sua ex compagna» dalla quale Pace aveva anche avuto una figlia che oggi ha sei anni.

Disoccupato, il giovane classe 1994 era già noto alle forze dell’ordine per qualche precedente: un furto di 500 chili di agrumi nel 2017 e, due anni prima, una quarantina di grammi di hashish e marijuana trovati nella sua camera (in parte nascosti anche dentro un peluche). Pace era inoltre imputato per atti persecutori dopo l’ultima denuncia arrivata dalla sua ex compagna. «Il ragazzo – ci aveva tenuto a precisare a MeridioNews l’avvocata Anna Maria Campisi, che ha difeso Pace nelle questioni legali che lo hanno visto coinvolto – non ha mai avuto nulla a che vedere con la criminalità organizzata».

Chi lo conosceva ne parla come di un ragazzo «molto istintivo, di sicuro non una persona mite perché si infuocava facilmente, ma non cattivo». Dopo l’ultima denuncia, il 25enne era finito agli arresti domiciliari. Successivamente, il giudice aveva disposto l’obbligo di soggiorno lontano da casa e Pace aveva scelto di andare a Torino, ospite di una zia. Nel capoluogo piemontese era rimasto per circa due mesi. Quando è stato ucciso era rientrato ad Avola solo da pochi giorni

Marta Silvestre

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