Oltre 52mila ragazzi. Ammonta a tanto il dato complessivo riguardante la dispersione scolastica in Sicilia. Il fenomeno, oltre a tirare in ballo l’efficacia del sistema formativo, porta inevitabilmente a ragionare sugli effetti di natura sociale che derivano dalla mancata frequentazione degli istituti scolastici. Le cifre provenienti dagli osservatori provinciali parlano di una diffusione del fenomeno sull’intero territorio: «A Palermo esiste un fronte della dispersione di 15.820 ragazzi, mentre a Catania ci si aggira intorno alle 14mila unità – dichiara Lucia Pinsone, docente ed ex candidata alla presidenza della Regione, che si occupa del problema per conto del Miur -. Segnali importanti, inoltre, arrivano anche dagli altri capoluoghi, che a dispetto di una popolazione inferiore presentano comunque un elevato numero di ragazzi che non frequentano le scuole dell’obbligo. Come per esempio – continua – i settemila a Messina e i cinquemila a Siracusa. Ma anche i seimila di Trapani e i cinquemila di Caltanissetta».
La tendenza generale, però, parla di una diminuzione del fenomeno. Nella scuola primaria, per esempio, l’indice di dispersione rimane sotto l’unità (0,8 per cento). Mentre nella secondaria di primo grado, negli ultimi sei anni, si è passati dal 9,2 al 5,96 per cento. Le zone a rischio rimangono sempre le periferie: «In questi casi a incidere maggiormente è un retroterra culturale difficile, ma anche le ristrettezze economiche hanno il loro peso – continua Pinsone -. Spesso i ragazzini lavorano in nero e non vanno a scuola. Il margine di recupero è basso». A calare, negli ultimi dieci anni, è stato anche il trend dell’abbandono dopo trenta giorni di assenza continuativa. In tal senso, nelle scuole medie, si è passati infatti dallo 0,53 per cento nell’anno scolastico 2003-2004 allo 0,36 del 2013-2014, mentre negli istituti superiori il dato si è dimezzato passando dal 2,04 all’1,30 per cento.
Gli osservatori di area costituiscono uno strumento capillare di osservazione che si basa su un livello sia regionale che provinciale, per arrivare ad analizzare le singole realtà. Anche se si trovano a operare senza poter contare su un‘anagrafe regionale dei giovani in età scolare: «Gli osservatori sono uno strumento importante – conclude la studiosa -. In Sicilia, ne esistono 57 e l’obiettivo è quello di rafforzare la cultura di rete».
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