Nuovo convegno-Amarcord dei Socialisti siciliani: ma lo vogliono capire o no che debbono fare politica?

MENTRE LA SICILIA ANNASPA TRA MAFIA, BASI MILITARI AMERICANE E VECCHIA POLITICA CLIENTELARE, IL PARTITO SOCIALISTA DEI SICILIANI CONTINUA A COMMEMORARE…

Giovedì pomeriggio nella sala consiliare – o Sala delle Lapidi – del Municipio di Palermo si è svolto un interessante dibattito sule origini del socialismo in Sicilia. Relatori prestigiosi e storici di livello si sono avvicendati nel ricordo del Congresso fondativo dei Fasci siciliani. Solo per fare un paio di nomi: Antonio Matasso e Ignazio Coppola, nonché Dino Paternostro, grande promotore di battaglie sindacali e culturali del Corleonese, oggi segretario della locale Camera del Lavoro.
Purtroppo il pubblico in sala era alquanto sparuto, anche perché l’iniziativa storico-culturale ha coinciso con il divieto di transito autoveicolare, disposto dall’Amministrazione comunale in tutto il centro cittadino e perciò difficile da raggiungere.

Sulle relazioni e sulle origini popolari del socialismo siciliano nulla da eccepire. Queste sono state documentatissime di date e circostanze a testimoniare di un’applicazione seria ed approfondita da parte dei dirigenti provvisori del neo Partito socialista siciliano.

Detto questo, e riconosciuta la qualità delle testimonianze resta il punto cruciale, specialmente per un Partito nuovo che si presenta nell’agone politico, fin qui, senza progetto e senza risposte da dare ad una Sicilia che affonda sempre più nel sottosviluppo e nell’arretratezza politica, economica e culturale.

Dal Partito socialista siciliano ci si aspetta una risposta nuova e diversa, all’altezza della sua tradizione, atteso che le forze politiche in campo hanno mostrato limiti culturali e programmatici desolanti e perdenti; buone soltanto a conquistare posizioni di potere a fini di casta e di sopravvivenza del loro futuro.

Solo per fare un esempio che mostra il distacco e, a un tempo, il divario di classe che si registra nella società siciliana: mentre la disoccupazione giovanile raggiunge vette inesplorate, il segretario generale dell’Assemblea regionale siciliana liquida mensilmente un appannaggio superiore a quello del presidente degli Stati Uniti d’America. Ecco, dove finiscono i soldi dei siciliani, piuttosto che nelle infrastrutture materiali e immateriali che la competizione internazionale presuppone.

La Sicilia ha bisogno di nuove energie politiche, oltre che economiche. Queste possono venire dalle forze autonomistiche che si sono proposte in un impegno unitario negli ultimi giorni e rispetto ai quali il Partito socialista dei siciliani mostra una qualche attenzione? Questo è da vedere se ed in quanto queste forze avranno la capacità di avanzare una piattaforma politica che, oltre a rivendicare l’indipendenza, sul modello catalano o scozzese, abbiamo al primo punto l’obiettivo della totale smilitarizzazione del territorio siciliano dalle basi straniere che l’occupano pesantemente e ne limitano lo sviluppo economico e civile.
Una nazione siciliana indipendente con un’economia assistita ed improduttiva non starebbe in piedi un solo minuto. Quale borghesia produttiva è presente in Sicilia? Cosa ci fa Confindustria al Governo della Regione da oltre cinque anni senza produrre uno straccio di politica di sviluppo industriale e manifatturiero? Dove vogliamo andare da soli con questa classe dirigente?

Sono questi alcuni degli interrogativi che poniamo all’attenzione del nuovo Partito socialista affinché si soffermi a riflettere su di essi, ne elabori le risposte e con esse si immetta nell’agone politico della Sicilia. Degli altri non parliamo nemmeno, perché li abbiamo sperimentati abbondantemente e siamo arrivati alla conclusione che dalle pietre c’è poco da spremere. Le forze politiche tradizionali di centrodestra o di centrosinistra sono perfettamente sovrapponibili e idonee soltanto a riprodurre in perpetuo il sottosviluppo, per la ragione che la loro cultura politica è organica a questa prospettiva.

Dal Partito socialista dei siciliani ci aspettiamo atti concreti e non solo convegni rievocativi. Anche perché con la svolta ‘democristiana’ che Matteo Renzi ha imposto a un PD già abbondantemente centrista, si aprono grandi spazi per una forza politica di sinistra.

 

Riccardo Gueci

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