Nuove sanzioni all’Iran: a chi giova?

Lo scorso 23 gennaio i 27 membri dell’Unione Europea hanno deciso la sospensione delle importazioni di petrolio dall’Iran, cui seguirà il ‘congelamento’ dei beni della Banca Centrale Iraniana ed il divieto del commercio in oro, metalli preziosi e diamanti, prevedendo il blocco della sottoscrizione di nuovi contratti e l’annullamento di quelli esistenti a partire 1° luglio 2012, tutto ciò al fine di indurre Teheran a mettere fine al programma di sviluppo dell’energia nucleare, che è invece consentito in tutto il resto del mondo.
L’Iran esporta in Europa circa il 20% del suo petrolio, destinato per circa il 68% ad Italia, Spagna e Grecia. L’Italia è altresì il secondo partner commerciale di Teheran ed è ovvio che le sanzioni determineranno un crollo degli scambi bilaterali. Risulta evidente come le principali conseguenze negative di queste sanzioni ricadranno sui tre Paesi mediterranei e, in particolare, sull’Italia.
Dopo la disastrosa gestione dell’euro da parte della Banca Centrale Europea, l’elaborazione di misure anti crisi che creano la crisi e la stanno rendendo sempre più virulenta, distruggendo le economie di interi stati ed innescando moti di rivolta, un altro tassello è stato aggiunto al suicidio del Vecchio Continente.
L’Europa ha un disperato bisogno di petrolio a prezzi contenuti e l’Italia più che mai. Non si comprende come sia possibile che il nostro Paese continui ad appoggiare azioni che lo rendono sempre più debole e dipendente. Com’è stato possibile che il nostro Governo abbia acconsentito alla guerra in Libia, addirittura partecipandovi, quando l’Italia godeva di una posizione privilegiata in questo Paese, specie per i contratti di fornitura delle materie prime?
Il vero obiettivo della guerra è stata l’Italia stessa, è evidente che a Francia ed Inghilterra non interessava affatto il comportamento di Gheddafi, ma soltanto rimettere in discussione i contratti italiani, che adesso saranno ridiscussi e ridistribuiti, certamente con grave danno per il nostro Paese, che avrà meno risorse e a prezzi più elevati.
Per comprendere questo non è necessario essere grandi statisti, quindi perché abbiamo concesso le nostre basi senza le quali non ci sarebbe potuta essere alcuna guerra? Adesso perché l’Italia acconsente all’embargo contro l’Iran dal quale è la principale danneggiata?
L’embargo renderà ancora più difficile l’approvvigionamento e porterà ad un doppio aumento dei prezzi: il primo in quanto la crisi iraniana determinerà un aumento di quello del greggio sui mercati internazionali ed il secondo perché l’Italia dovrà trovare fonti alternative, certamente non a buon mercato.
Tenuto conto che il trasporto delle merci nel nostro Paese avviene per il 90% su gomma, unico in Europa con percentuali così alte, questa politica sconsiderata porterà ulteriori rincari nel prezzo delle merci, specie al Sud, in un Paese già stremato da imposte, tagli e prezzi dei carburanti e non solo, alle stelle. Le sanzioni rischiano altresì di essere inutili, dal momento che la quota europea sarà probabilmente venduta dall’Iran alla Cina, sempre affamata di petrolio o ad altri Paesi emergenti dell’Asia.
A questo si aggiungono le tensioni con la Russia, la Cina e l’India, che si sono erte a protettrici di Teheran e la creazione di un fronte anti Europa/USA, con l’avvicinamento di Paesi le cui relazioni sono tradizionalmente precarie, quali Russia e Cina, cui si aggiunge l’India e lo stesso Iran, fronte decisamente più forte, almeno economicamente (non bisogna trascurare il fatto che si tratta di Paesi in forte crescita e che il debito pubblico statunitense è nelle mani dei cinesi) e certamente competitivo militarmente (ricordiamo che la Russia è la seconda potenza nucleare del mondo).
Se, ancora, aggiungiamo la possibilità che Teheran chiuda lo stretto di Hormuz, la miscela diventa veramente esplosiva e potrebbe portare ad una guerra in Medio Oriente e degenerare in un conflitto mondiale. E’ in questa prospettiva che l’Italia sta acquistando dagli Stati Uniti 131 aerei da guerra F35, per la modica cifra di 15 miliardi di euro, in un momento in cui si chiedono agli italiani (almeno ai ceti medio/bassi, non certamente a banche, assicurazioni e grandi imprenditori) sacrifici che portano ad un abbassamento del tenore di vita e mettono in discussione il nostro futuro e quello dei nostri figli?
Perché l’Italia non rinuncia all’acquisto come hanno già fatto Norvegia, Canada, Australia e Turchia? Aggiungo che se le armi si comprano evidentemente c’è l’idea di usarle, tanto più che si tratta di caccia bombardieri d’attacco.

 

Giuseppe Anzaldi

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