Nuova collezione firmata ‘Ateneo di Catania’

L’inaugurazione dell’anno accademico 2005-06 si apre con la rituale parata in pompa magna composta dalle delegazioni di tutte le Facoltà dell’Ateneo che sfilando con classe ed eleganza per i corridoi attigui all’Aula Magna del Monastero dei Benedettini, vi sono poi entrate sfoggiando qui il loro charme. Tutto ciò dinanzi agli occhi curiosi del pubblico e della stampa.

Come ogni rituale che si rispetti, la fase di vestizione è stata tra i momenti topici della giornata. Step1 era lì a sbirciare per voi i membri delle delegazioni di tutte le Facoltà composte da una rappresentanza del personale docente, del personale tecnico-amministrativo e da due rappresentanti degli studenti. Professoresse e professori si sono così improvvisati per un giorno modelle e modelli d’alta scuola (l’università, appunto!).

L’abito indossato era la famigerata e mai demodé toga accademica nera, con copricapo in coordinato (il tocco), unico capo dell’unica collezione che sia stata mai concepita dall’ “Atenier” di Catania. Alcuni docenti indossavano un bavaglio bianco dai tratti molto semplici e sobri, altri hanno preferito i preziosismi di una bavaglina merlettata, più lunga e a pieghe che si abbinasse al meglio con la coccarda colorata in bella vista sul proprio petto. Ai soli Presidi delle Facoltà era consentito indossare l’ambita fascia trasversale colorata e il magico medaglione, recante l’antico stemma dell’Ateneo catanese, appeso al collo per mezzo di una catenella. Lo scialle in ermellino bianco a piccole treccioline era poi un lusso che veramente in pochi potevano permettersi. Ad averlo solo il Rettore Latteri e i Prorettori ospiti.

Ogni Facoltà era distinguibile per il colore della coccarda che recava in petto. Peccato che alcune Facoltà abbiano dovuto accontentarsi di spartire lo stesso colore di altre Consorelle, poiché evidentemente i colori si ripetevano. E peccato che taluni siano rimasti spovvisti ora di coccarda, ora di bavaglio. “Poco male. Non è l’abito a fare il professore.” ci è stato detto, sebbene dal tono trapelasse una certa invidia per i colleghi full optional.

Le delegazioni delle Facoltà attendevano schierate in formazione lungo il corridoio che affianca l’Aula Magna. Uno squillante rondeau del tardo medioevo accompagnava intanto l’inizio della cerimonia. Ad aprire la gran parata il Mazziere, paggio sperduto nel XXI secolo, che portava le insegne rettorali, poi subito a seguire Rettore e Prorettore dell’Ateneo di Catania, i Presidi delle Facoltà, i rappresentanti del Senato Accademico, i rappresentanti degli studenti e il Direttore Aministrativo dell’Univeristà di Catania. Annunciate una per una, hanno poi finalmente sfilato in ordine di anzianità di istituzione, dalla più giovane alla più antica, le rappresentanze delle Facoltà di: lingue (bordeaux), architettura (nero), scienze della formazione (fucsia), ingegneria (nero), scienze politiche (azzurro), agraria (verde), farmacia (rosa), economia (viola), scienze matematiche fisiche e naturali (verde), medicina (rosso), lettere (bianco) ed infine giurisprudenza (blu).

La cerimonia ufficiale è cominciata con le melodiose voci del coro dell’Ersu, che ha presentato al pubblico un lungo inno nazionale in versione ridotta. Qualche modesta ugola d’oro spiccava anche tra i professori astanti. Tra il pubblico in Aula Magna sedevano alcuni rappresentanti delle amministrazioni locali che però, con furbizia e un tocco di nonchalance, sono riusciti a sgattaiolare fuori alla fine del discorso del Magnifico, snobbando le parole del Direttore Ammnistrativo Domina che gli sarebbero successe.

Meticolosa l’organizzazione della cerimonia che è proceduta senza intoppi. Certo, l’araldo del Comune di S. Maria di Licodia sarebbe potuto anche non cadere nel bel mezzo del discorso inaugurale. Un consiglio poi alla Meeting Service, la società che ha fornito all’Ateneo il software per la trasposizione in forma scritta dei discorsi affinché fossero fruiti dagli audiolesi: o specificate di volta in volta agli oratori che devono parlare più lentamente e con più chiarezza, magari computando le parole più difficili, oppure cercate di migliorare una volta per tutte il vostro software.

Conclusi i discorsi degli intervenuti, gli indossatori si sono recati, col magone in gola, presso i camerini dove hanno dovuto rendere le toghe indossate per tornare ad essere di nuovo professori, studenti e dipendenti dell’Università di un sabato qualunque, di un sabato italiano. 

Andrea Deioma

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