Nuova cittadella giudiziaria, Tar condanna la Regione Legale: «Applicata legge sbagliata. Ora risarcimento»

«La sentenza del tribunale amministrativo non ha disposto nessuna sospensione dei lavori». Carmelo Giurdanella, avvocato amministrativista e legale delle ditta Smeda di Rita Fiore e dell’azienda di Saverio Iaquinta, attraverso MeridioNews mette la parola fine alle voci secondo cui la sentenza della sezione distaccata del Tar di Catania, emessa in merito all’aggiudicazione dei lavori di demolizione dell’ex palazzo delle poste di viale Africa, imporrebbe lo stop al cantiereQuest’ultimo peraltro quasi concluso

«È stato disposto l’annullamento dell’aggiudicazione all’impresa che ha effettuato i lavori – prosegue Giurdanella contattato da MeridioNews – perché la Regione nell’espletamento delle procedure di gara ha applicato una legge regionale in luogo di quella nazionale». A questo si aggiunge la condanna della Regione Sicilia a un risarcimento del danno per equivalente nei confronti di chi è stato escluso dalla procedura di gara.

Secondo il Tar, dal momento che il finanziamento dell’abbattimento della struttura è posto a carico dello Stato (perché i fondi assegnati con delibera Cipe sono nazionali) anche l’iter di aggiudicazione doveva fondarsi sulla norma nazionale. Circostanza, questa, completamente ignorata dalla Regione, che invece ha ritenuto opportuno applicare la legge regionale numero 13 del 2019. In quella che il Tar definisce «una partita di giro», in considerazione del fatto che beneficiario finale delle risorse economiche statali, in definitiva, è il Ministero della giustizia.

L’intervento di demolizione dal valore di oltre tre milioni di euro costituisce il primo step del più ampio progetto finanziato con 40 milioni di euro a carico del Fondo coesione e sviluppo 2014-2020 (Fcs) per la «riqualificazione e la ristrutturazione del plesso di viale Africa da destinare a sede degli uffici giudiziari della città di Catania», rientrante nell’intervento strategico per la riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici di valenza pubblica: ovvero i «presidi di legalità». Per questo la stazione appaltante, in questo caso la Regione, avrebbe dovuto applicare la normativa statale. Nelle scorse settimane il presidente della Regione, Nello Musumeci, e l’assessore regionale alla Infrastrutture Marco Falcone avevano presentato il progetto vincitore del concorso d’idee, spiegando che il palazzo sarà pronto entro il 2023.

«Il Tar ha riconosciuto che i lavori li avremmo dovuti eseguire noi – spiega il legale dei ricorrenti Smeda e Iaquinta – perché quella procedura si doveva attenere alle norme nazionali e non regionali». Per questo motivo i giudici amministrativi hanno rinvenuto profili di illegittimità tali da imporre l’annullamento e il risarcimento. «La conseguenza – spiega Giurdanella – è che per la parte di lavori già eseguiti ci toccherà il risarcimento del danno». Per quelli da eseguire, invece, «spetta all’amministrazione decidere se intende avviare il passaggio di consegne ai nostri assistiti o altrimenti continuare con i vecchi affidatari», sostiene il legale. In quest’ultimo caso, alla Regione toccherà risarcire il danno per intero. Ma a quanto pare Palazzo d’Orleans avrebbe già deciso e a dimostrarlo, appunto, ci sarebbe l’ultimazione dei lavori di demolizione. 

«Non hanno nessuna intenzione di farci subentrare – sostiene l’avvocato -, quindi aspettiamo la proposta di risarcimento». Sì, perché il tribunale amministrativo ha ordinato alla Regione di far pervenire ai ricorrenti una proposta di risarcimento del danno per equivalente, «ma – precisa Giurdanella – finora non abbiamo ricevuto alcuna proposta formale». Né, tanto meno, la Regione ha provveduto a ricorrere al consiglio di giustizia amministrativa, dunque, la condanna è divenuta definitiva. Se infatti l’ente regionale non provvederà a inviare la proposta di ristoro economico il rischio è che si arrivi all’esecuzione coatta delle somme attraverso l’instaurazione di un giudizio di ottemperanza

Gabriele Patti

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