Fino a ieri sera non è arrivata alcuna convocazione formale dal ministero. «Il blocco si farà». Gli autotrasportatori di Sicilia e Sardegna sono pronti a paralizzare il traffico dei principali porti delle due isole a partire dall’alba di mercoledì 7 gennaio. E intanto l’annunciata protesta contro l’aumento medio del 25 per cento per chi deve viaggiare sulle autostrade del mare italiane trova l’interesse di movimenti, gruppi e associazioni che sembra non aspettassero altro: una scintilla per tornare in strada e canalizzare i tanti malcontenti economici e sociali che serpeggiano in Sicilia. A cominciare dai Forconi di Mariano Ferro che vorrebbe rinverdire l’asse con gli autotrasportatori che nel 2012 bloccò l’isola per una settimana. «Ma la nostra – precisa Giuseppe Richichi, leader dell’Aias – è e vuole rimanere una rivendicazione di categoria. Ringraziamo Ferro e tutti gli altri, ma non vogliamo ripetere l’esperienza di sette anni fa. Non ci interessa fare la rivoluzione».
L’obiettivo degli autotrasportatori siciliani e sardi è quello di non sostenere il peso dell’aumento imposto dagli armatori per adeguarsi alle modifiche sul carburante chieste da direttive internazionali. Il viceministro dei Trasporti Giancarlo Cancelleri – sollecitato anche dai due governi regionali con una lettera in cui si chiedeva un incontro urgente – ha avuto contatti informali con le sigle coinvolte. Una data per un tavolo a Roma era già stata fissata: proprio il 7 gennaio. Ma qualcosa finora è andata storto, perché dal Mit non è partita nessuna comunicazione né alle giunte Musumeci e Solinas né ai diretti interessati.
«Sappiamo che la nostra protesta può incidere sul tessuto economico siciliano – spiega Richichi – ma non si possono mischiare altre istanze. A volte in Sicilia si finisce per mettere tutto nello stesso calderone, dando al governo il pretesto per non dare risposte e anzi ribattere che non ci sono richieste chiare. Intanto risolviamo questa impasse, che è di competenza nazionale, poi ben venga affrontare il resto». Se protesta sarà dunque, nei porti di Catania, Messina, Palermo e Termini Imerese non dovrebbero ritrovarsi altre categorie. «Sono d’accordo con Richichi al momento – precisa Mariano Ferro, dei Forconi – non si organizza uno sciopero importante in pochi giorni o con qualche comunicato stampa. Ma nelle ultime ore è emerso di nuovo il malcontento che oggi in Sicilia è più grande di quello del 2012. Quindi questa vertenza gliela lasciamo fare così com’è, ma ora iniziano le riunioni per qualcosa di più grande».
In questi anni Ferro non è uscito completamente di scena, ha girato la Sicilia occupandosi soprattutto delle vittime delle aste giudiziarie, specie nel Ragusano. Negli ultimi tempi – dopo essere stato candidato, senza essere eletto, alle Regionali del 2017 nella lista Popolari e Autonomisti di ispirazione lombardiana e aver guardato con interesse ad alcune battaglie di Salvini – si è avvicinato a quello che ambisce a essere il nuovo partito unitario dei siciliani guidato da Salvo Fleres, 63enne politico di vecchia data, ex berlusconiano ed ex miccicheiano (seguì Gianfranco Micciché a Grande Sud), quattro volte deputato regionale e fino al 2013 garante dei detenuti in Sicilia. Anche lui sostiene il blocco degli autotrasportatori. «Abbiamo incontrato alcuni organizzatori della protesta – spiega Fleres a MeridioNews – e la sosteniamo, perché i motivi sono fondati. D’altronde interessa tutti: l’aumento del carburante a cascata ricade sulle merci».
Dopo tre tavoli ribattezzati «la costituente del nuovo partito», il 15 e 16 febbraio a Palermo si terrà il congresso fondativo. L’ennesimo tentativo, in un periodo di difficoltà dei partiti nazionali, di rilanciare la bandiera autonomista? «La differenza tra noi e i precedenti – dice – è che il Mpa nasceva da una spaccatura con l’Udc e Grande Sud da una spaccatura con Berlusconi. Noi invece anziché dividere, uniamo. Ci sono una trentina di associazioni che sono confluite nel progetto». Tra loro anche i Forconi. «Mi piace l’idea – conferma Ferro – d’altronde bisogna decidere: per difenderci, o si fa la rivoluzione o si fa un partito dei siciliani». Il primo scenario sembra molto lontano. Mentre sul secondo sperano vecchi e nuovi sicilianisti. «Lo spazio politico potenziale di un soggetto unitario sicilianista, secondo un sondaggio che abbiamo fatto realizzare un mese fa, è del 24 per cento – conclude Fleres -. Dopo la protesta nelle piazze, l’orizzonte dovrà essere per forza quello elettorale».
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