Non lasciarmi nel Mondo Nuovo

Le distopie non hanno eroi. Puntano un riflettore dalla luce fredda e inquietante su uno scenario fatto di rassegnazione e sconfitta dell’uomo.

Come nelle illustri distopie di Orwell e Aldous Huxley (1984 e Brave new world), anche in Non Lasciarmi, il romanzo dello scrittore nippo-britannico Kazuo Ishiguro, oltre agli aspetti più temibili del mondo moderno, sono rappresentati i sentimenti. Giudicato dal Time il migliore romanzo del 2005 e inserito nella lista dei cento migliori romanzi in lingua inglese pubblicati dal 1923 al 2005, Non Lasciarmi è il libro da cui è stato tratto l’omonimo film diretto da Mark Romanek, su una sceneggiatura scritta da Alex Garland.

La storia si svolge tra la seconda metà degli anni Settanta e gli anni Novanta in Inghilterra, dove sorge Hailsham, un collegio isolato dal mondo esterno in cui gli studenti sono bambini “speciali”. Cresciuti in un ambiente apparentemente idilliaco, tra attività artistiche o comunque stimolanti, Kathy (Carey Mulligan), Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley) diventano amici e stringono tra loro un forte legame.

Come tutti gli altri studenti, credono che fuori dal collegio di Hailsham il mondo sia ostile e pericoloso. Immaginano dunque che le barriere a loro poste siano un mezzo di protezione e scandiscono serenamente la loro vita, intervallata da piacevoli attività curriculari, senza porsi troppe domande sulla loro vita e sul modo in cui vengono cresciuti. Fino a quando una nuova insegnante, indignata per la terribile realtà che nasconde il regime di Hailsham, decide di confessare agli studenti quale sarà il loro destino: diventeranno adulti, ma solo per poco. Tutta la loro esistenza è stata predestinata sin dalla nascita: non sono altro che cloni il cui scopo è quello di donare i propri organi a fini curativi.

Divenuti giovani uomini e donne, gli studenti di Hailsham dovranno iniziare il loro “ciclo” di donazioni e via via, con esse, consegnarsi alla morte, completando in tal modo lo scopo della loro creazione. Un destino terribile e un’esistenza studiata a tavolino: elementi che ci ricordano facilmente Aldous Huxley, che con Brave New World aveva delineato la distopia della scienza per eccellenza, un mondo in cui gli uomini venivano predestinati alla loro funzione sin dalla nascita.

Nel film è ben sottolineato lo spirito con cui i personaggi affrontano tale destino, che è di una rassegnata accettazione. In questa tragica realtà di un mondo che oscilla tra il progresso e le sue storture, si evolvono le vicende personali dei tre studenti di Hailsham. Ruth, nutrendo un profondo amore per Tommy sin da bambina, soffre molto per la relazione venutasi a creare tra quest’ultimo e la compagna, la quale in realtà mostra un atteggiamento molto più superficiale nei suoi confronti.

I ragazzi sembrano rassegnati al loro destino per tutta la durata del film, fino a quando non si accende un barlume di speranza: la possibilità di un rinvio dell’inizio delle donazioni, qualora due studenti si dimostrino realmente innamorati. È questa la molla che fa scattare lo snodo della vicenda: Ruth decide di confessare che le sue attenzioni per Tommy sono in realtà solo la reazione alla gelosia provata per quello che è invece il palese sentimento instauratosi sin da bambini tra il ragazzo e Kathy: vero amore. Ma Kathy nel frattempo è divenuta un’assistente dei donatori e Hailsham ha chiuso i battenti. I due ragazzi, uniti da un legame sincero, cercheranno di scoprire se esiste davvero questa grazia per gli innamorati.

Una delicata e struggente riflessione su diversi piani, che Romanek sembra suggerire in modo velato con la semplice omissione di alcuni particolari del libro. Sentimenti e clonazione, fugacità del tempo, eterna incompletezza dell’esistenza, ineluttabilità del destino: l’attenzione passa dall’espressiva e costante malinconia della sorprendente Kathy di Carey Mulligan alla riflessione su questi temi. Perfetta per il suo personaggio la giovane e talentuosa attrice, tanto da sottrarre forse attenzione all’interpretazione della Knightley. Bravo anche Andrew Garfield, che ha saputo vestire a perfezione il ruolo del ragazzo dolce ma dal carattere complesso.

Bella la fotografia, curata da Adam Kimmel, grazie alla quale le emozioni dei personaggi sono scandite con cadenzata incisività e rese ancor più intense dalle immagini. A sigillare il tutto con un’aura di raccolta malinconia, le musiche di Rachel Portman. Un film intenso, da vedere. Denso di significato e di contenuto, una storia che ci lascia riflettere sulle emozioni umane e sull’essenza dell’esistenza.

Valeria Anfuso

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