Noi ‘meticci’ e il relativismo

Il rientro dalle vacanze ci propone alcuni temi che sembrano lontani dalla nostra routine quotidiana, ma che, in realtà, sollevano questioni che riguardano il nostro modo di essere, il nostro modo di pensare.

Mentre a Erice scienziati di tutto il mondo riuniti per discutere delle emergenze planetarie annunciano che ci sono almeno un miliardo di persone pronte a spostarsi, ad emigrare alla ricerca di nuove opportunità di vita e di lavoro, in Italia, a Rimini, il presidente del Senato Marcello Pera lancia il suo grido d’allarme. L’immigrazione in Europa rischia di creare una società di meticci: questo il timore di Pera, che evidentemente si vede già circondato da nipotini di colore, cugini cinesi, vicini di casa arabi. Una prospettiva che evidentemente toglie il sonno al nostro caro ex professore, che proprio a Catania ha insegnato per tanti anni, quando anche era convinto che il relativismo etico fosse una virtù e non un orribile vizio.

Perché parliamo su STEP1 di questo argomento? Che c’entra con le nostre mattine afflitte dai soliti problemi: l’euro al parcheggiatore, le lezioni che coincidono, gli autobus in ritardo, i soldi che non bastano, le incertezze del nostro lavoro di domani? Perché dovrebbe interessarci quello che dice Pera? Perché dovrebbe preoccuparci il dibattito sul relativismo? E cos’è questo relativismo etico? Provo, in due parole a rispondere, non per fornire indicazioni ma per proporre un dibattito. Non per offrire certezze ( io sono assolutamente un relativista) ma per suscitare dubbi.

La “paura meticcia” intanto. E’ davvero una prospettiva da brividi? Una precisazione, per cominciare: la nostra è una facoltà profondamente, orgogliosamente, sentitamente “meticcia”. Noi crediamo ai popoli che si incontrano, si mescolano, si capiscono, condividono non prospettive teleologiche ma aperture al dialogo e al confronto. La visione del mondo occidentale è l’unica “vera”, è l’unica giusta? Ne siamo sicuri. E se sì perché. Il cristianesimo, il cattolicesimo è l’unica parola di Dio? Dio conosce solo l’inglese, il tedesco, lo spagnolo, il francese e l’italiano?

Noi siciliani, in particolare, dovremmo riflettere a fondo. Siamo un popolo meticcio, ed è la nostra ricchezza. Il sangue arabo e quello francese, il sangue greco e quello normanno scorrono nelle nostre vene. E ci hanno fatto così come siamo. E se non fossimo meticci cosa vorremmo essere: ariani, arabi unti da Allah, africani dal fisico superbo?
Per dialogare con gli altri dobbiamo per forza convertirli o essere convertiti? O esiste un modo diverso, quello che, per esempio, ci ha indicato Federico II con il suo regno siciliano…

Come detto non voglio darvi risposte. Mi piacerebbe che arrivassero da voi. Magari con altre domande, con altri dubbi.

Enrico Escher

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