Cronaca

Niko Pandetta annuncia sui social il suo ritorno in carcere

«Sono abituato agli spazi stretti, alle case piccole, alle celle, alla scena italiana. Quando tornerò là, mi porterò il vostro affetto. Da dentro vi darò nuova musica. Uscirò e mi vedrete più forte di prima». Così il cantante neomelodico catanese poi convertito al trap Niko Pandetta ha annunciato il suo ritorno in carcere. La sua sentenza di condanna a quattro anni per spaccio di droga è diventata definitiva dopo che la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. Un processo scaturito dall’inchiesta Double track da cui era venuto fuori il profilo di Pandetta pusher di cocaina mentre si trovava agli arresti domiciliari in via Plebiscito. Dopo una condanna in primo grado a sei anni e otto mesi, in Appello era stata ridotta. Verdetto che adesso è diventato irrevocabile.

Due giorni fa , dopo un accenno fatto in una diretta su TikTok, Pandetta ha dato la notizia di un suo prossimo ritorno dietro le sbarre (perché in carcere lui c’è già stato per dieci anni da quando era ancora minorenne) con un post su Instagram dai toni decisamente diversi rispetto a quelli a cui ha abituato i propri fan. Subito rassicurati del fatto che, comunque, «il disco è quasi pronto ed è una bomba». Alla notizia che per lui si apriranno di nuovo le porte del carcere, il cantante da milioni di visualizzazioni (e dai concerti spesso annullati dalle questure di diverse parti d’Italia) ha ricevuto solidarietà di molti ma anche scatenato l’ironia di altrettanti. «Tu cantavi “Maresciallo non ci prendi” e, invece, alla fine ti hanno preso». Centinaia sono i commenti così da cui sono già nati anche dei meme. Il riferimento è al testo di uno dei brani recenti più in voga di Pandetta, Pistole nella Fendi.

Nipote del sanguinario capomafia al 41bis Turi Cappello, è a lui che Pandetta (Vincenzo all’anagrafe) aveva dedicato la sua prima canzone. E proprio qualche giorno fa, sempre sui social, aveva lamentato le difficoltà degli incontri in carcere con lui. «Questa è l’Italia – ha scritto pubblicando una propria foto con dei cerotti in faccia – Non solo non ti fanno toccare il tuo sangue, ma si permettono anche di farti coprire i tuoi tatuaggi». Una misura prevista per il particolare regime carcerario per evitare che, tramite i tatuaggi, si possano veicolare messaggi ai detenuti. Pandetta, insieme al suo collega cantante Andrea Zeta – al secolo Filippo Zuccaro, figlio del boss ergastolano Maurizio Zuccaro – sono a processo anche per le minacce a MeridioNews.

Due mesi fa, Pandetta è finito nel registro degli indagati per la rissa con sparatoria – in cui due persone sono rimaste ferite – avvenuta la sera del 21 aprile davanti all’Ecs Dogana. Tutto sarebbe nato da una precedente frizione avvenuta la notte tra il 16 e il 17 aprile sempre nello stesso locale al Porto di Catania. Quando alcuni giovani, ritenuti vicini al clan Mazzei, gli avrebbero impedito di esibirsi insieme al trapper romano Tony Effe. Quella stessa sera Pandetta avrebbe spinto la fidanzata di uno dei ragazzi contigui ai Carcagnusi. Un episodio il cui epilogo è arrivato, qualche giorno dopo, con lo scontro a fuoco con giovanissimi che farebbero riferimento al clan dei Cappello-Bonaccorsi.

Marta Silvestre

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