«È una bellissima giornata». Solo queste quattro parole a corredo di una foto in cui appare sorridente. È stata questa la reazione del sindaco di Avola Luca Cannata alla notizia che la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha firmato il provvedimento che esclude lo scioglimento dell’ente comunale per infiltrazioni mafiose. «Sono stato coinvolto in un paradosso incredibile – ha dichiarato il primo cittadino all’Agi – che, finalmente, si è risolto, perché proprio io, sono stato minacciato più volte da esponenti mafiosi». La notte di Natale del 2017 al Municipio avolese era arrivata una busta con tre bossoli e minacce rivolte al sindaco.
La commissione prefettizia d’indagine si era insediata lo scorso maggio per verificare se l’attività amministrativa fosse condizionata dai locali clan mafiosi, in particolare la cosca dei Crapula. Stando al report stilato dagli ispettori dopo una permanenza di sei mesi al Palazzo della città della mandorla, «gli elementi complessivamente emersi non presentano la necessaria congruenza rispetto ai requisiti di concretezza, univocità e rilevanza, richiesti dal modello legale», si legge nel decreto. Motivo per cui «non sussistono i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti». Tutto, quindi, torna al proprio posto: sindaco, giunta e Consiglio comunale rimangono in carica.
Il Comune di Avola era finito sotto la lente di ingrandimento della prefettura che voleva vederci chiaro sulla eventuale presenza di profili di condizionamento dell’operato pubblico. Del resto, negli scorsi anni, il centro del Siracusano più volte è finito al centro dell’attenzione della magistratura. L’ultima volta ad aprile del 2019 quando un avviso di conclusione indagine è arrivato, oltre che al primo cittadino, anche ad altre 17 persone tra dipendenti comunali, amministratori e imprenditori, accusati a vario titolo di truffa, turbativa d’asta, turbata libertà degli incanti e falso ideologico.
L’indagine ha riguardato alcuni appalti pubblici: procedure turbate, gare affidate in somma urgenza senza i presupposti necessari, procedure di selezione solo apparenti fatte dopo che i lavori erano già stati affidati e portati a termine. Prassi che, secondo l’accusa, sarebbero state messe in pratica in diverse occasioni: dal rifacimento di un tratto di manto stradale in via Roma a interventi di manutenzione in piazza Crispi, dalla frantumazione delle mattonelle dopo i lavori su alcune strade alla fornitura di materiali per i lavori di riqualificazione di alcune aree urbane.
Altre accuse hanno riguardato la redazione di falsi atti pubblici per il progetto di manutenzione e gli interventi di bonifica e riqualificazione ambientale della zona costiera di Marina Vecchia. Compreso l’ampliamento della sede stradale di via Elsa Morante, dove i lavori sarebbero stati realizzati senza la necessaria relazione geologica. Per l’accusa, nei lavori in piazza Santa Maria del mare (ringhiera e base in massi di pietra) sarebbe mancata l’autorizzazione paesaggistica necessaria perché il sito ricade in una zona sottoposta al livello di tutela tre del vincolo paesaggistico.
A finire al vaglio dei magistrati, due anni fa, erano stati invece fatti legati alla precedente amministrazione guidata dall’allora sindaco Antonino Barbagallo. In quella indagine, che aveva riguardato gli anni 2011 e 2012, era stato coinvolto anche un ex assessore, oltre a funzionari, dipendenti e imprenditori.
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