Niente da nascondere

Meritatissima Palma d’oro a Cannes 2005
Titolo originale: Cache. Sceneggiatura e Regia: Michael Haneke. Interpreti: Daniel Auteuil, Juliette Binoche. Fotografia: Christian Berger. Origine: Francia/Austria 2005. Durata: 1h e 57 min.

Georges (Daniel Auteuil, “36“, 2004), un giornalista che conduce una trasmissione letteraria alla televisione, un giorno riceve una videocassetta con le riprese dell’esterno di casa sua. Dopo l’iniziale stupore, sia lui che la moglie (Juliette Binoche, “In my country“ 2004) pensano ad uno scherzo, magari di qualche compagno di classe del figlio. Ma gli invii delle cassette continuano e stavolta contengono anche le riprese di Georges e della sua famiglia e sono accompagnati da inquietanti disegni infantili e violenti apparentemente senza spiegazione. E’ evidente che qualcuno sta tentando di spaventarlo, qualcuno che però conosce bene Georges e il suo passato.

Lo straordinario film di Haneke, regista salito alla ribalta internazionale grazie allo scioccante “Funny games” del 1997, avrebbe dovuto rappresentare l’Austria all’oscar per il miglior film straniero, ma è stato inopinatamente escluso in quanto recitato in francese. Del resto la stessa sorte era toccata al bellissimo film italiano “Private”, escluso dalla competizione perché il regista Saverio Costanzo ha deciso che la sua storia sulla difficile convivenza tra israeliani e palestinesi doveva essere interpretata da attori di madrelingua. E’ un vero peccato perché i due film in questione avevano sicuramente buone possibilità di entrare nella storia dell’Academy.

Polemiche a parte, “Niente da nascondere” è una di quelle opere che lascia decisamente il segno. Il meccanismo formale è quello di un thriller classico, con un uomo e la sua famiglia che si trovano a fronteggiare una minaccia sconosciuta. Ma Haneke, che pure con “Funny games” ha dimostrato di trovarsi pienamente a suo agio con le atmosfere angoscianti e claustrofobiche, fa ben presto capire che il suo interesse è rivolto principalmente all’ introspezione, che poi altro non è che la rappresentazione del rimosso che cova nella storia apparentemente limpida della Francia (ma potrebbe essere anche di qualsiasi altro paese). Ed ecco quindi che l’invisibile cinepresa si tramuta in materializzazione del senso di colpa di Georges, per qualcosa che è rimasto sepolto nel suo passato e che egli si ostina imperterrito a negare tanto da continuare sempre ad affermare che egli non ha “niente da nascondere”. Ed intanto un nuovo “nulla” si sta concretizzando, qualcosa che incrina i rapporti di Georges e di sua moglie con il figlio adolescente, qualcosa destinata a rimanere sepolta e magari ad esplodere irruentemente nei momenti più inaspettati.
Il finale è costruito decisamente per spiazzare  lo spettatore, il quale fino a quel momento ha creduto di trovarsi sui sicuri binari di una imminente rivelazione. Ma è qui che si manifesta ancora di più la maestria di Haneke il quale riesce a costruire un crescendo di tensione a camera fissa sullo scorrere dei titoli di coda.

Da molti accreditato per la vittoria finale a Cannes 2005, andata poi a “L’enfant” dei fratelli Dardenne, “Niente da nascondere” si è comunque aggiudicato il premio Fipresci (critica internazionale) e il premio Signis (giuria ecumenica).

Alberto Surrentino d?Afflitto

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