New York New York/ Tutto il potere ai ricattabili: il tramonto di Bossi che “tiene famiglia”

Venti anni fa, allo scoppio di Tangentopoli, i magistrati del Pool di Milano riuscirono ad andare avanti senza essere “trasferiti” o “raggiungere” Falcone e Borsellino, perché un leader di un movimento politico tanto rozzo quanto imprevedibile, che nel ‘92 aveva ricevuto una marea di voti dalla parte d’Italia piú ricca e produttiva, fece da scudo a “Mani Pulite”. Fu proprio Umberto Bossi a minacciare il Pentapartito al governo con persino un cappio che i deputati leghisti fecero penzolare a Montecitorio.

Ora, a distanza di vent’anni, Bossi viene travolto da uno scandalo che lo fa apparire persino incapace di intendere quello che accadeva nella sua famiglia, di contenerne un’aviditá capace di trasformare il suo partito in “Lega ladrona”.

Bossi ci appare frastornato, alterna frasi come “i responsabili pagheranno a prescindere dal cognome”, a “sento puzza, quei farabutti di Roma ci hanno scatenato contro i magistrati…”. Solo in Italia puó accadere che lo stesso leader “rivoluzionario” che dopo aver fatto da “guardia del corpo” dei magistrati che affossarono i partiti della Prima Repubblica, possa ora lamentarsi di essere vittima di un complotto della magistratura alleata con “i poteri forti”.

Bossi fa pena quando dice “ho fatto l’errore di far entrare in politica i figli”. Chi agevola il figlio ad intraprendere la propria carriera nonostante sia smaccatamente inadatto, più che amore mostra egoismo. L’atto debole dell’uomo di potere che dopo l’incontro ravvicinato con la morte, tenta di scacciarla illudendosi di fare del figlio la reincarnazione della sua leadership.

Bossi, dopo l’ictus del 2004, non era più Bossi. Eppure in troppi erano pronti ad approfittarne, ad avere l’interesse affinché l’impotente incapace rimanesse al suo posto. E non parliamo solo del “circolo magico” apparentemente messo su dalla moglie Manuela e dalla “badante” Rosy Mauro. Sicuramente di quel malato ne avrà saputo aprofittare l’alleato Berlusconi in quelle cene settimanali ad Arcore. E anche Maroni avrà avuto i suoi vantaggi nel non sostituire subito quel leader che non c’era più, sfruttando ora al meglio certi “scandali” di cui l’ex Ministro dell’Interno chissà da quanto tempo sapeva.

Ecco perché un ex buttafuori, falsificatore di diplomi, è potuto non solo diventare Tesoriere “pazzo” della Lega ma persino vicemistro di un governo del G8.

In Italia per quanto riguarda la politica sembra che più si è ricattabili e più si mantengono certe cariche. Bossi non ha fatto eccezione. Perché tanti ritardi per fermare quel leader che non c’era più, che non poteva neanche impedire che la famiglia usasse il partito come un bancomat?

Ecco cosa ammette ai magistrati una delle sue segretarie, Daniela Cantamessa, su fatture false, bonifici e assegni che sarebbero serviti a comprare automobili, vacanze e persino diploma universitari, alla famiglia del capo e al suo ‘cerchio magico’: “Lo avevo avvisato delle irregolarità di Belsito, o meglio della sua superficialità ed incompetenza e del fatto che Rosy Mauro era un pericolo sia politicamente e sia per i suoi rapporti con la famiglia Bossi. Non nominai a Bossi la moglie perché mi sembrava indelicato”.

Giá la messa è finita per Bossi, ormai prigioniero della partitocrazia di regime, un sistema trasversale che rende tutti ricattabili per proteggersi tutti a vicenda. Ma non dimentichiamoci degli altri, può infati il tesoriere della Margherita, Lusi, aver rubato milioni di euro senza che gli altri sapessero? E dello scandalo del “sistema” Penati? A che partito apparteneva l’ex presidente della Provincia di Milano?

In Italia la politica è stata trasformata nell’ascensore sociale per mediocri pronti a tutto per arricchirsi, dove i diplomi falsi e lauree comprate ti fanno entrare nel club dei potenti ricattati. Bossi inizió la sua carriera gridando slogan contro quel sistema chiamato “Roma ladrona”, oggi ne è diventato l’emblema.

Il risultato storico? Venti anni buttati via grazie alla Lega di Bossi che con i suoi ridicoli riti e impreparazione, ha bloccato le istanze genuine di cambiamento che spiravano dal Nord. Addio Senatur, l’Italia che vuole cambiare non ti rimpiangerá.

 

Stefano Vaccara

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