New York New York/ Beppe Grillo (che ha vinto le elezioni) e il giornalismo a 5 stelle

“Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure”.? Cosí Beppe Grillo termina i suoi blog quotidiani letti da centinaia di migliaia di iscritti al Movimento 5 Stelle. Già, la partitocrazia non si arrenderá mai (con questa non si intende l’istituzione del partito politico ma l’occupazione dei partiti italiani delle istituzioni).

Eppure, nei media della partitocrazia, si sono accorti che tira un vento che porta tempesta. Fino alla settimana scorsa il fuoco di sbarramento contro il M5S era tambureggiante, appena si pronunciava “grillini” ecco una mitragliata di ingiurie sui populisti demagoghi che con l’antipolitica non danno sbocchi etc. Poi lunedì, quando le urne elettorali di molte città hanno fatto “boom” (il Presidente Napolitano resta un gigante in mezzo ai nani, ma pretendere che la realtà non esista è infantile), ecco che molti che fino a ieri “succhiavano” dalle gonfie mammelle partitocratiche, cominciano a riposizionarsi.

Venerdí ho visto “L’ultima parola”, il programma condotto da Gianluigi Paragone. E’ bravo, canta e suona Paragone, giornalista che ha fatto “carriera” seguendo la Lega di Bossi e Maroni e che poi, spinto in quota “centrodestra”, ha avuto un programma tutto suo alla Rai.

Qui lo prendiamo a “paragone” perché il suo caso è tipico del giornalismo italiano, del controllo partititocratico esercitato sull’informazione tv e stampa, tranne per fortuna il web.

Vi ricordate del portavoce del regime di Saddam, un personaggio che in diretta televisiva mentre già alle sue spalle si vedevano i tank americani che sfrecciavano nelle via di Baghdad, lui continuava col sorriso sotto i baffi a urlare “tutte menzogne”, gli invasori nemici erano stati messi in fuga dal glorioso esercito iracheno…

I giornalisti italiani sono più furbi del fedele portavoce di Saddam, il “vento” lo fiutano prima. Già qualche mese fa, alla caduta di Berlusconi, il nostro Paragone è stato accusato in studio da Giorgio Stracquadanio, deputato Pdl, di “prepararsi il futuro” e di “salire sul carro dei vincitori”. Capito? Un politico in diretta tv può dire ciò ad un giornalista che conduce un programma d’informazione pubblica seguito da milioni di persone, e non succede nulla.

In Italia il quarto potere serve al potere e i suoi compiti di controllo sono diretti solo contro chi, come M5S, disturba il potere. Fino a quando gli operatori di questa informazione “militante” non fiutano il vento ed ecco che si riposizionano. Ricordate il “maestro” Bruno Vespa, con il suo onesto “i partiti sono l’editore di riferimento?”

Per scalare le direzioni di giornali e telegiornali si deve ubbidire alla partitocrazia e combattere per ‘lei’. Vuoi far carriera? Devi imparare a come allisciare il potere, leccarlo fino a quando la partitocrazia si fida di te (tra i potenti che si danno il turno non c’è differenza, D’Alema, Prodi, Berlusconi, tutti hanno scelto i loro “direttori”). E’ ovviamente cosí anche per Paragone, che suona bene la chitarra e conduce con brio ma “L’ultima parola” la dovrà a qualche pezzo grosso della partitocrazia.

Venerdì Paragone ha cercato di fare ammenda dicendo che anche lui, come altri giornalisti, non aveva compreso il fenomeno Grillo nel 2007, lo aveva sottovalutato. Che peccato, non ci è riuscito ad essere sincero fino in fondo Paragone, che avrebbe dovuto dire: anche io come molti altri miei colleghi abbiamo cercato di nascondere trecentomila persone nelle piazza italiane che ci dicevano vaff. e adesso meglio provar a rimediare…

Paragone solo come metro di paragone per carità, lui che magari è il meno “partitocratico”, quindi immaginate gli altri. Il M5S di Grillo da anni urla in rete di averne abbastanza di questo giornalismo di servi. Ed è quindi per questo che ora il M5S vuol evitare come la peste le trasmissioni “d’informazione” sia alla Rai che altrove (le grandi tv private non sono esenti dal metodo partitocratico).

Come abbiamo già scritto, meglio “saltare nel buio” con chi ne ha abbastanza della partitocrazia per cercare di far scampare all’Italia il suicidio assistito. Quello che M5S dovrà realizzare è non tanto andare al governo a Roma (un miracolo) ma costringere i partiti a cambiare smantellando la partitocrazia.

Da New York un consiglio per i candidati di M5S che si accingono, grazie al sostegno di milioni di italiani stufi della partitocrazia, a impegnarsi in cariche pubbliche. Leggano la storia del Primo Emendamento della Costituzione Usa, soprattutto dell’evoluzione nell’interpretazione che la Corte Suprema diede, a partire dagli anni Sessanta, alle garanzie di libertà di informare per i giornalisti. Chi aspira alle cariche pubbliche, dalla più piccola fino al più alto scranno del potere, deve accettare di essere messo sotto pressione dai giornalisti, che devono essere aggressivi verso chi ha delle responsabilità pubbliche e perciò devono restar liberi anche di poter sbagliare (in buona fede). Abbandonare quindi la continua minaccia di querele, tipico tic della partitocrazia. Perché anche il nuovo nella politica italiana avrá bisogno di un giornalismo vero, a cinque stelle.

Questo articolo viene pubblicato contemporaneamente su Oggi 7 di America oggi

 

Stefano Vaccara

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