«Le cose non cambieranno mai. Sempre come gente di colore ci considereranno». Amìd ha 39 anni ed è tunisino. In Sicilia è arrivato nel 1992. Per sbarcare il lunario ha fatto di tutto. Adesso anche lui è uno dei “migranti della vendemmia“. «Raccolgo uva, olive, pomodori. Lavoro anche nelle case in paese» dice. Venticinque-trenta euro per otto, dieci ore di lavoro. Tutto in nero. «Ci mettono in regola? Alcuni datori di lavoro, se lo chiediamo, ci rispondono che ci danno la paga ma che 15 euro li dobbiamo sottrarre per versare noi i contributi».
Il reclutamento inizia alle 5.30 del mattino. Caporali ma anche “caporalesse” si accostano con le loro auto in Corso 6 aprile o agli angoli bui della villetta di piazza pittore Renda. Lì per strada inizia la trattativa. Un vero “mercato delle braccia” in cui se uno è fortunato viene preso e lavora in nero altrimenti resta seduto a terra appoggiato allo zaino. E in tanti restano “disoccupati”. Alle 6.30 “l’ufficio di collocamento” è già chiuso. Continua la campagna di sensibilizzazione della Flai e della Cgil tra la provincia di Palermo e Trapani. Un viaggio tra gli schiavi del Terzo Millennio per distribuire materiale informativo multilingue sui diritti dei lavoratori. Per raccontare a centinaia di migranti, senegalesi, nigeriani, ghanesi, marocchini e tunisini che una un’altra vita è possibile.
«Abbiamo constatato come avviene la tratta delle braccia nella piazza di Alcamo e la differenza nell’impiego, tutto in nero, tra italiani e migranti» racconta il segretario della Cgil di Palermo, Enzo Campo. Ai caporali gli immigrati consegnano i documenti. «Nel caso di controlli dobbiamo dire che siamo in prova» spiegano. Per otto-dieci ore di lavoro la paga è di 25-30 euro. «La sera dormono nei centri di accoglienza – dice ancora Campo -, ma anche in macchina o a terra, sotto gli alberi della piazza. Il tutto nella totale assenza di controlli».
Una guerra tra poveri. Con piccoli proprietari di appezzamenti che portano uva all’ammasso e magrebini e lavoratori dell’Est pronti a raccoglierla per pochi euro. «Chi chiede di essere messo in regola, per usufruire di assegni familiari e disoccupazione, deve pagare 15 euro sottraendoli alla paga per i contributi» denuncia il segretario della Flai Cgil di Palermo, Tonino Russo, che chiede maggiori controlli. Un coordinamento che metta insieme tutte gli enti preposti dall’Inps all’Inail, dai carabinieri alla guardia di finanza. «E al governo regionale, come si fa in altre regioni, chiediamo una legge per il reclutamento che preveda liste di prenotazione negli uffici del pubblico impiego, per porre un freno al caporalato e al reclutamento in piazza».
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