È morto annegato in mare, dopo essere caduto in una stiva della nave d’appoggio della piattaforma petrolifera Vega di Pozzallo. È successo ieri pomeriggio. La vittima è Antonio Gangi, un operaio di 52 anni originario di Taormina che stava lavorando nel più grande impianto fisso off-shore italiano, che si trova a 12 miglia dal Comune del Ragusano.
La salma, su disposizione del sostituto procuratore di turno Alessia La Placa, è stata trasferita nell’obitorio del cimitero di Ragusa ed è stata disposta l’autopsia. Ci sono diversi indagati, per omicidio colposo, nell’inchiesta aperta dalla Procura di Ragusa. Atto dovuto e propedeutico all’autopsia. Le indagini sono state delegate alla Capitaneria di porto, ma domani arriveranno a Pozzallo anche esperti del settore inviati dal ministero dell’Energia che avranno parte attiva negli accertamenti.
L’uomo lavorava per la ditta Somak nella piattaforma gestita dalla società Edison che in una nota conferma l’incidente a bordo della nave di stoccaggio Fso Leonis, in gestione all’armatore Tae Shipping, che è stata sequestrata. Il corpo è stato ritrovato nel gavone di prua della nave, uno spazio a pozzo che normalmente è vuoto e nel quale si dovevano effettuare interventi di manutenzione. «Al momento sono in corso le verifiche atte a ricostruire le dinamiche dell’accaduto», conclude la Edison che «esprime la sua vicinanza ai familiari della vittima».
La morte dell’operaio 52enne segue ad altri tre incidenti mortali avvenuti a Priolo nelle ultime settimane. E la Cgil fa suonare il campanello d’allarme: «Quattro morti sul lavoro in pochi giorni in Sicilia nel settore petrolchimico dimostrano l’esistenza di un problema strutturale non più sostenibile – i segretari generali della Filctem Cgil Sicilia e di Siracusa, Giuseppe D’Aquila e Mario Rizzuti -. È evidente un deficit preoccupante sull’applicazione delle norme di prevenzione e sicurezza e si conferma un arretramento culturale che bisogna colmare subito». Il sindacato parla di «stragi continue». «Troppe volte – continuano D’Aquila e Rizzuti – si chiude un occhio, si fa finta di non vedere, si tralascia l’osservanza di quelle norme che vengono teorizzate per dimostrarsi in regola ma che poi vengono poco praticate perché, in realtà, sono ritenute un costo e non un investimento».
Per la Ficltem Cgil servono più controlli, nella «prassi quotidiana e non dopo gli incidenti». Da qui la richiesta di «un piano strategico di prevenzione e sicurezza in tutta l’area industriale siracusana. Come scaturito dal tavolo in prefettura di giovedì scorso – sottolineano – occorre verificare i piani di sicurezza realtà per realtà, delle aziende dirette e dell’indotto, al fine di poter ricostruire una mappatura delle reali condizioni di applicazione delle norme».
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