Il piccolo centro in provincia di Catania aveva subito un accesso ispettivo a fine ottobre 2019. Adesso la decisione del consiglio dei ministri. MeridioNews nei mesi scorsi aveva analizzato alcuni nodi di questa vicenda
Nebrodi, è stato sciolto per mafia il Comune di Maniace «Accertati condizionamenti della vita amministrativa»
«Accertati condizionamenti della vita amministrativa da parte delle organizzazioni criminali». Sono le parole utilizzate dal Consiglio dei ministri per deliberare lo scioglimento per mafia del Comune di Maniace, piccolo centro abitato nel cuore dei Nebrodi, in provincia di Catania. A proporre lo scioglimento il Ministero dell’Interno guidato dalla ministra Luciana Lamorgese. La commissione ministeriale, incaricata dal prefetto Claudio Sammartino, aveva varcato la soglia del municipio, in via Beato Placido, il 23 ottobre 2019. Un accesso ispettivo in piena regola per verificare quelli che oggi vengono definiti condizionamenti accertati.
Il sindaco Nino Cantali ha sempre rimandato ai mittenti ogni sospetto. A MeridioNews si era detto sereno per il lavoro svolto, escludendo rapporti con le cosche locali. Per capire i dettagli della vicenda bisognerà aspettare la relazione sullo scioglimento. Sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine, con un lavoro interforze, sono finiti documenti, rapporti di parentela e guai con la giustizia.
In quest’ultima categoria, come svelato in un approfondimento di questo giornale, rientra l’assessore Rodolfo Pignarello Arcodia, titolare delle deleghe al Turismo e alle Attivitá produttive. Tanti anni nel palazzo di città ma anche un processo in corso per associazione a delinquere di stampo mafioso. Una vecchia indagine sulla mafia nel comprensorio di Maniace, Bronte e Cesarò. Il diretto interessato, confermando la vicenda a MeridioNews, aveva replicato dicendo di essere convinto di riuscire a dimostrarla propria estraneità ai fatti.
Altro caso quello della parentela dell’assessora all’Istruzione Giuliana Coci, cognata di Giuseppe Montagno. Ritenuto dalla polizia e dai magistrati, in un processo ancora non terminato, uno dei vivandieri del pericoloso latitante Vincenzo Sciacca, nel 2015 irreperibile ma destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio. L’esponente della giunta Cantali aveva replicato di essere estranea ai fatti rimarcando la regolarità della sua attività amministrativa.
Nel territorio di Maniace, storicamente legato a Tortorici, per anni hanno dominato i boss Gianfranco Conti Taguali e Valerio Rantone Parasiliti. Il primo inquadrato nella famiglia di Cosa nostra dei Santapaola per due anni ha fatto parte della lista dei cento latitanti più pericolosi d’Italia. Nel 2012 lo hanno catturato i carabinieri del reparto operativo di Catania, sezione catturandi, nel territorio di Caltagirone. Parasiliti, invece, è riconducibile al clan dei Laudani, cosca per la quale avrebbe ricoperto il ruolo di reggente proprio a Maniace. Ad accusarlo, con le sue dichiarazioni, il collaboratore di giustizia Giuseppe Laudani.
Riceviamo e pubblichiamo dall’avvocato Giuseppe Testa nell’interessa di Giuliana Coci:
«La parentela di Coci non costituisce un caso e il suo comportamento non ha influito sullo scioglimento del Comune di Maniace, poiché la relazione del prefetto, nelle note, attestava solo una parentela con soggetto pregiudicato».