Nasce a Reggio Calabria il primo Museo della ‘Ndrangheta, un’operazione culturale senza precedenti che si occupa di ricerca, analisi, attività e programmazione sul territorio, con lo scopo di arrivare ad una conoscenza oggettiva della mentalità diffusa su cui attecchisce l’elemento criminalità organizzata.
Il museo è allestito all’interno di una villa a tre piani di 200 metri quadrati ciascuno, confiscata alla malavita e ristrutturata nel 2006 con la somma di 125 mila euro. Un luogo aperto alla città e ai visitatori di tutto il mondo, ma anche a studenti e ricercatori interessati a portare avanti un lavoro di approfondimento sul fenomeno della criminalità organizzata e intervenire, in modo razionale e cosciente, sulla trasmissione di valori che informano le nuove generazioni, agendo sui processi di inculturazione diretta e indiretta.
A dare il via al progetto, inaugurato il primo dicembre scorso, una mostra fotografica dal titolo Silenzio e memoria a cura di Adriana Sapone, e la presentazione del libro di Enrico Bellavia e Maurizio de Lucia Il cappio, in cui viene analizzato il fenomeno del pizzo, definito come «la più antica attività della mafia».
Le fotografie collocate all’interno della struttura espositiva, a colori e in bianco e nero, ricostruiscono la cruda cronaca delle guerre di mafia: gli omicidi più efferati, l’opprimente silenzio della gente e delle città, i corpi che giacciono sotto lenzuoli bianchi, i curiosi di passaggio. E ancora manette, indagini, le segnaletiche dei boss e gli arresti delle primule rosse. I ritagli dei giornali dell’epoca fungono da percorso fotografico che rievoca la speranza della società civile, in particolare dei giovani, di costruire una storia di riscatto.
L’idea dell’antropologo Fulvio Librandi di tracciare un percorso storico e antropologico della realtà ndranghetista, è stata portata avanti da un comitato scientifico diretto dallo studioso Luigi Maria Lombardi Satriani. Parallelamente al reperimento del materiale fotografico e documentaristico sulla ndrangheta, è stata avviata una ricerca sul campo. Punto di forza del progetto del Museo della Ndrangheta è stato da subito il lavoro con i ragazzi delle scuole calabresi, confluito nella pubblicazione del primo volume della collana A mani libere, presentato al Quirinale in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico e che fa parte del progetto Arcipelago della Memoria.
«La portata culturale di questo progetto è molto forte” dichiara la giornalista Claudia Brunetto.” Dentro c’è tutto: la società civile e le istituzioni. I giovani dell’associazione culturale Antigone, ente che organizza le attività all’interno del museo, si spendono giorno dopo giorno per quest’idea. Parlano con i ragazzi delle scuole, propongono iniziative artistiche. E poi c’è il fronte di ricerca antropologica sul campo che il museo farà partire presto, grazie a un comitato scientifico che sostiene il progetto. E’ un’esperienza unica in Italia e una sfida importante sul territorio calabrese, ancora vergine sul fronte antimafia, anche rispetto a quello siciliano».
Il progetto del Museo della ‘Ndrangheta è stato presentato anche in Europa, attraverso alcune conferenze. E’ stato inoltre siglato un protocollo d’intesa con il Centro per la cultura democratica di Berlino, per lo svolgimento congiunto di attività di ricerca e di studio sull’educazione civica dei giovani, partendo dal patrimonio attuale delle rispettive conoscenze.
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