Si dice che il tempo è una risposta a tutti i dubbi e che con il tempo le conferme arrivano: Paolo Borsellino sapeva tutto, dopo la strage di Capaci del maggio del 1992. Aveva già intuito delle tracce che lo riconducevano a una possibile trattativa tra Stato e ‘cosa nostra’ pensata per far cessare il periodo stragista. Oggi le conferme arrivano in un’aula di Tribunale di Palermo, nell’ambito del processo al generale dei Carabinieri, Mario Mori, durante l’interrogatorio in videoconferenza del collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo.
Racconta Mutolo: “Un giorno durante un interrogatorio il dottor Borsellino uscì in corridoio a parlare con (alcuni rappresentanti ndr) delle istituzioni e, ad un certo punto, ho sentito che gridava: ‘Questi sono pazzi, sono pazzi’. Era arrabbiato con dei personaggi delle istituzioni perché volevano offrire ai mafiosi una possibile dissociazione”.
In quel periodo il giudice era sempre molto nervoso – racconta Gaspare Mutolo – e parlando del suo primo interrogatorio, avvenuto poco dopo la morte del giudice Giovanni Falcone, esattamente l’1 luglio, racconta: “Il dottor Borsellino mi venne a trovare a Roma. L’interrogatorio si svolse di fronte la Cassazione. Si trattò di un colloquio informale il quale poi fu interrotto dall’arrivo di una chiamata proveniente dal ministero. Allora lui mi disse di aspettarlo e si allontanò per circa un’ora e mezza. Al suo ritorno era molto nervoso e preoccupato, ricordo che aveva due sigarette accese ed io vedendolo mi misi a ridere. Mi disse che non aveva incontrato solo il ministro, ma anche Bruno Contrada e il dottor Vincenzo Parisi”. (Contrada, oggi condannato con sentenza passata in giudicato, era allora numero tre del Sisde, mentre Parisi era allora il capo della Polizia del nostro Paese).
Parlando del generale Mori, Mutolo ha detto che scendeva spesso a Palermo e aveva contatti con ‘cosa nostra’ per trattare. Alla domanda però risponde: “Io sentivo che Mori aveva dei contatti con alcuni personaggi così come li aveva anche la Dia. I funzionari della Dia sapevano che Mori scendeva a Palermo per trattare con ‘cosa nostra’. Io ascoltavo i loro discorsi”.
A cosa vuole alludere, ad una trattativa che si sposta dal nucleo del ROS verso altri ‘pezzi’ dello Stato?
Durante il processo atteso in aula anche l’ex comandate del ROS, Antonio Subranni, indagato anche lui nell’ambito della trattativa tra Stato e mafia. Subranni ha ricevuto un avviso di garanzia. Interrogato anche lui oggi, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Foto di Gaspare Mutolo tratta da digilander.libero.it
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