Musicland, non solo un negozio di dischi «Vendevamo più Rem del resto d’Italia»

«Siamo andati avanti perché siamo stati pazzi. Il fatto è che non avevamo il negozio perché ci sentivamo dei commercianti: lo avevamo perché eravamo appassionati di musica, musica in quanto cultura, e volevamo diffonderla a Catania. Ma poi ci siamo dovuti arrendere alla realtà». Via Gradisca 35, pochi metri da via Monfalcone. È il 1978, Nico Libra ha poco più di vent’anni, ha vissuto per quattro anni a Londra, è tornato in Italia per fare il servizio militare e dopo, a Catania, si è messo a parlare di musica a Radio Cta, fm 104, una radio indipendente «con ottimi notiziari e bellissimi programmi di approfondimento: io mi occupavo delle scalette», ricorda Nico. A Radio Cta lavora con Ignazio Bandieramonte, suo coetaneo e amico: lui fa i turni di notte, da mezzanotte alle quattro va in diretta e mette i brani. «Ogni tanto – dice Ignazio – dovevamo partire, andare a nord di Roma a cercare gli lp che in città non si trovavano e che noi volevamo passare». In breve tempo la radio viene acquistata e, a poco a poco, dismessa. «Stavo pensando di tornare a Londra – racconta Nico – Poi è successo che due persone che conoscevo e che avevano un negozio di dischi a Carlentini volessero aprire una succursale a Siracusa, in viale Teracati: mi hanno chiesto di dar loro una mano e così è iniziata la mia avventura di bottegaio». E così è iniziata anche l’avventura di Musicland.

Il logo di Musicland

Uno dei due ragazzi di Carlentini aveva i genitori negli Stati Uniti e importava la musica direttamente da lì. «Avevano bei dischi e stavano iniziando a puntare sugli impianti di riproduzione». Per un anno, Nico Libra gestisce il Musicland siracusano, poi propone: «E se aprissimo a Catania?». Nel giugno 1979 Libra trova la bottega, a settembre si alza la saracinesca sul Musicland etneo. E quella saracinesca, nello stesso posto, rimarrà alzata per 34 anni. «In quel momento a Catania aprivano tutti, si stava riscoprendo il centro storico, cominciava, timidamente, a esserci vita». Il logo del negozio era una dichiarazione d’intenti: riproduceva parte della copertina di Born to run, il disco del 1975 di Bruce Springsteen. Secondo la rivista Rolling Stone, uno dei cento migliori album rock di sempre. «Io ho seguito il negozio sin dall’inizio, ma sono entrato ufficialmente in società solo nell’80 – interviene Bandieramonte – Nel 1983, finalmente, il Comune di Catania ci ha concesso la licenza, così abbiamo potuto legalmente staccarci dai ragazzi di Carlentini e abbiamo cominciato ad andare, ufficialmente, sulle nostre gambe».

Da subito Musicland diventa più di un negozio dove acquistare dischi. C’era un angolo in cui comprare biglietti per i concerti, e soprattutto c’era «la gente, che veniva a parlare di musica: volevano quasi essere presi per mano nella scelta dei loro ascolti, e noi li accompagnavamo. Poi c’erano i buoni consigli con i capolavori che non potevamo non invitare ad ascoltare: London Calling dei Clash o il primo di Tracy Chapman, erano cose che sono diventate dei classici praticamente subito». I catanesi andavano in via Gradisca a chiedere la musica che avevano sentito in radio, proprio a Cta, o quella che avevano ascoltato ai pomeriggi del Mcintosh, la discoteca in cui a scegliere i pezzi da mettere in scaletta era il giovane Francesco Virlinzi, il produttore discografico talent scout di Carmen Consoli e Mario Venuti, per dirne due, ma anche l’uomo al quale si deve il celeberrimo concerto dei Rem allo stadio Cibali, il 6 agosto 1995.

La copertina di Born to run, di Bruce Springsteen (1975)

«Da Milano si stupivano, non capivano perché a Catania si vendessero più copie dei dischi dei Rem che lì», sorride Libra. E Bandieramonte aggiunge: «Ci diedero pure un premio perché in un solo mese Musicland riuscì a vendere più copie di Out of time di quante, nello stesso lasso di tempo, se ne fossero vendute in tutt’Italia». Nei primi anni Novanta, nel negozio c’erano 20mila pezzi, nel Natale del ’92 la fila fuori dalla vetrina era talmente lunga che fu necessario che qualcuno scaglionasse gli ingressi per evitare la calca. «Il declino cominciò nel 1995, quando arrivò la notizia che la produzione di vinili sarebbe stata drasticamente ridotta – prosegue Ignazio Bandieramonte – Credo che l’errore delle case discografiche sia stato tutto lì: guardare più all’avanzamento del digitale che al mantenimento della qualità. Non fare più i vinili fu il colpo di grazia a un mercato che già stava iniziando a barcollare». I cd non avevano lo stesso appeal dei vinili, potevano essere replicati facilmente, il loro contenuto poteva essere scaricato nei sempre più numerosi computer in giro, e poi c’era internet. Da lì a poco sarebbe nato Napster, il programma di file sharing che, nel 2000, avrebbe scatenato le ire di Lars Ulrich, batterista e fondatore dei Metallica, divenuto in seguito simbolo della repressione.

«Il mercato imponeva che fossero dei computer a stabilire, in base alle vendite, quali fossero i cd che andavano fuori catalogo e quali, invece, potevano continuare a essere stampati: rimanevano le cose commerciali e si perdevano i pezzi di cultura. Vendeva di più Sanremo, no?». Per un periodo, racconta Nico Libra, «fu difficile trovare Creuza De Mä, di Fabrizio De André, che pure è considerato uno dei dischi più importanti della world-music». «Nel 2000 sono tornati in auge i vinili, ma la gente non aveva più i soldi per comprarli, tra il 2005 e il 2007 vendere musica era drammatico. Già nel 2008 io e Ignazio abbiamo pensato di chiudere, ma abbiamo resistito e abbiamo osservato quello che stava succedendo: Catania si stava svuotando, l’abbiamo vista spegnersi, le persone andavano nei centri commerciali, non c’erano locali dove suonare dal vivo, non c’erano concerti da organizzare, mancava la vivacità culturale e sono mancati i cervelli che facessero funzionare l’ambiente». «C’erano giornate in cui chiudevamo il registratore di cassa senza aver battuto neanche uno scontrino, ma noi non eravamo il classico negozio di musica, eravamo un punto d’aggregazione sociale e, anche, politico. Quando è finito tutto, siamo finiti anche noi».

Il 31 dicembre 2013, dopo 34 anni di attività, la saracinesca di via Gradisca 35 si è abbassata. Ma Musicland è rimasto online: «Avevamo aperto il sito nel 2005 e oggi rimane attivo, con lo stesso spirito di divulgazione musicale che ci ha animati quando avevamo il negozio», dice Bandieramonte. «Non c’è un magazzino, ma ci sono i dischi delle nostre collezioni private e di quelle degli amici che ce le mettono a disposizione – conclude l’uomo –  Molti mi chiedono informazioni o pezzi difficili da trovare, sono collezionisti, che in breve diventano amici». E Nico Libra rilancia: «Non è più lo stesso, è triste. Ma le cose cambiano, e non sempre in meglio».

Luisa Santangelo

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