Lei è piccola accanto a quel contrabbasso e ti chiedi da dove venga quella voce, lui è timido e sembra sgranare gli occhi quando guarda la sua cantante, come se la vedesse esibirsi per la prima volta. E probabilmente è così, perché ciò a cui si assiste è una serata di pura improvvisazione, dagli originalissimi arrangiamenti, alle battute con il pubblico, alle canzoni che è possibile riconoscere solo dai testi, perché la cantante toscana sembra avere più corde vocali del normale e ogni canzone è riscritta sul momento.
Sono state queste le prime impressioni guardando il palco del teatro Metropolitan di Catania, martedì sera, durante il concerto di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, un fuori programma della rassegna Catania Jazz.
Sono reduci da una tournée che li ha visti esibirsi in Germania, Olanda, Polonia e Francia, ma sembrano abituati ad un pubblico di nicchia perché, quando le luci illuminano la platea, Petra Magoni commenta stupita: «È la seconda volta che suoniamo a Catania, ma non eravate così tanti. Grazie per essere così numerosi».
Iniziano il concerto con “Eleanor Rigby” dei Beatles e proseguono con “Bocca di Rosa”, cantata tutta d’un fiato, poi “Over the raimbow”, “Io so che ti amerò” di Ornella Vanoni, “Anema e core”,”La canzone dei vecchi amanti”, “Come togheter” e persino il “Tuca tuca”. Presentano due inediti e usano il pubblico come cavia, come sono proprio loro ad ammettere. I brani sono “Lei colorerà” e “Vado giù”, che a giudicare dal gradimento, saranno inseriti nel prossimo album, stando alle promesse dei due artisti.
Le luci si abbassano e, dopo un assolo al contrabbasso, Ferruccio commenta: «Ad un certo punto mi lascia sempre solo sul palco. A Parigi me la cavo perché ho studiato francese quando frequentavo la scuola di ragioneria a Caserta, ma in Polonia non sapevo proprio cosa dire».
La loro collaborazione nasce per caso nel 2003, quando Petra Magoni tenta di sostituire all’ultimo minuto il suo chitarrista, ammalatosi alla vigilia di un tour nei club toscani. I due capiscono immediatamente quale alchimia nasconda il loro connubio e preparano una scaletta con le loro canzoni preferite, che portano in giro in Italia e all’estero con un grande riscontro di pubblico e critica, (il loro primo album vende più di 50.000 copie e il duo nel 2006 vince la Targa Tenco).
Il nome del gruppo, come amano definirsi pur essendo solo in due, dà il titolo ai loro album: Musica nuda (2003), Musica nuda 2 (2006), Musica nuda 55/21 (2008).
«Il nostro ultimo album non poteva chiamarsi Musica Nuda 3. Secondo la smorfia napoletana, il numero 55 rappresenta la musica e il 21 rappresenta la donna nuda, quindi era solo un modo per ribadire il concetto», spiega il contrabbassista.
Rientrano per il bis e alle richieste di chi tra il publico non ha ancora sentito la sua canzone preferita rispondono con una sorta di madley per non scontentare nessuno. È la volta di “Splendido splendente”, “Il cammello e il dromedario”, “Guarda che luna” e “I will survive”.
Musica nuda, perché ogni canzone viene spogliata e trasformata. Cambiata, come si fa con un vestito.
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