‘Music is the way I communicate with the world’

Terry Callier è un musicista poco conosciuto. Purtroppo. Non è uno di quelli che seppur di nicchia ha la sua fama. Terry per molti anni è stato ignorato dalla discografia. Poi un giorno, tutto riprese e ora viene considerato un ispiratore. La sua fusione tra folk, soul, jazz e misticismo è assolutamente unica.

In Italia ha suonato poco, in Sicilia mai. L’occasione sarà dunque sabato 15 luglio all’interno di Vulcanology, alla Playa di Catania. Step1 lo ha intervistato, in attesa di raccontarvi il suo concerto…

Come hai vissuto la decisione di smettere di suonare, il lungo periodo di pausa e poi il ritorno? E’ vero che per un periodo hai anche fatto il programmatore di computer?
Mia moglie è venuta ad abitare con me a Chicago nel 1983. Nel tentativo di poter fornirle una vita stabile ho dovuto lasciare il mondo della musica. Ho lavorato come programmatore per almeno 14 anni. Nel 1991 ho ricevuto una chiamata da Eddie Piller che era, in quel periodo, il capo della Acid Jazz Records in Inghilterra. Lui ripubblicò la traccia “I Don’t Want to See Myself (Without You)” che riuscì ad attirare una grande attenzione in Inghilterra e in Europa. Nel 1995 con l’aiuto di Gilles Petterson e Russ Dwbury mi è stato offerto un contratto con la Verve Record e registrando 2 cd per questa etichetta. Nel 1998 sono tornato a tempo pieno nel mondo della musica.

Che differenza c’è tra il fare musica oggi e quando hai iniziato tu nel 1965? Tra l’artista e il producer ad esempio.
La più grande differenza nel fare musica oggi rispetto a quando registravo nei tardi ’60 è nel uso dei computer e dell’uso del digitale nei processi di registrazione. Produrre è diventato un affare di molti milioni di dollari. Negli anni ‘60 e ‘70 c’erano molti più produttori e arrangiatori.

Com’è stato lavorare con Charles Stepney, il produttore di tuoi tre importanti album come Occasional Rain (1972), What Color is Love (1973) e I Just Can’t Help Myself (1975)?
Lavorare con Charles è stato un privilegio e un onore. Era un arrangiatore superbo sia per gli strumenti che per la voce.

Come è nata la collaborazione con Beth Orton e come ti sei trovato a lavorare con lei?
Ho incontrato Beth Orton mentre suonavo al Jazz Cafè a Londra. Abbiamo iniziato a parlare di musica e abbiamo deciso che avremmo provato a lavorare insieme quando le condizioni ce lo avrebbero permesso. Lei è una vera artista creativa e lavorare con lei è stata un piacere.

Bands come Zero 7, 4Hero, Funky Lowlives, Block 16 ti reputano un po’ il loro padre putativo, che ne pensi? Ti fa piacere? Ti piace la loro musica?
Forse io sono più un fratello maggiore per questi gruppi. E’ sempre un piacere che il tuo lavoro venga apprezzato da altri musicisti. Io ho lavorato con 4hero e zero7 e so cosa combinano. Veramente, apprezzo molto questi artisti e ciò che apportano alla musica.

Una domanda un po’ banale forse, ma importante: cos’è la musica nella tua vita?
La musica è la via con cui comunico al mondo. Relazioni personali, condizioni sociali e tutto ciò che sta in mezzo è da includere. La musica è anche il mio più grande sbocco creativo

Che album consiglieresti a chi non ha mai ascoltato la tua musica?
Questa è una domanda difficile. Io penso che dipenda dal tipo di musica che si preferisce. Se all’ascoltatore piace il folk, si potrebbe consigliare “The New Folk Sound”. Se piace il jazz io suggerisco “What Color Is Love”, per le condizioni sociali “Speak Your Peace”, se l’amore è per la musica in generale mi piace dire “Time Peace” oppure “Lookin’ Out”.

Che rapporto hai con la tecnologia?
In questo momento cerco di muovere la mia musica nel profondo del 21esimo secolo. Non uso tanto internet tranne che per le email e cercare alcune cose che mi interessano.

Se un extraterrestre ti chiedesse un cd da portare su marte quale gli consiglieresti?
Se devo pensare a un mio lavoro personale raccomanderei “Time Peace”. Se devo pensare a lavori di qualcun altro consiglieri qualcosa come “A Love Supreme” di Coltrane, ”Kind of Blue” di Miles Davis o “What’s Goin’ On” di Marvin Gaye.

A luglio verrai a suonare in Sicilia: che immagine hai di questo posto e dell’Italia in generale?
Ho suonato in Italia a Roma a Napoli e a Milano. Abbiamo sempre avuto dei momenti bellissimi con la band. Il pubblico è sempre stato riconoscente e il cibo incredibile. Per me sarà la prima volta in Sicilia e sono veramente incuriosito

Conosci qualche artista italiano, ascolti qualche band italiana?
Molti dei musicisti italiani che conosco sono italo americani come Joe Lovano, un sassofonista. Non conosco bene la scena italiana, spero dunque che qualcuno mi dia qualche cd in modo da saperne di più.

Rocco Rossitto

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