«Io ci credo fin da quando tutti mi deridevano e mi dicevano che perdevo tempo con la ferraglia». Giuseppe Genchi guarda con orgoglio la sua creatura. Se il Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi del Sistema Museale dell’Università degli Studi di Palermo è una realtà da ormai sette anni, all’interno del Dipartimento di Innovazione industriale e digitale, il merito è proprio del suo fondatore. Ingegnere a sua volta e componente («precario, ci tengo a specificarlo») del gruppo di ricerca Macchine e meccanica applicate, Genchi è un vero e proprio factotum. In dieci anni ha fatto e continua a fare il restauratore di motori antichi, il promotore di svariate iniziative, il coordinatore delle varie attività che si tengono presso il museo, il formatore dei volontari del servizio civile che qui vengono a imparare l’arte dei motori, del restauro e della conservazione.
Parla con entusiasmo di quello che definisce «prima di tutto uno spazio culturale». Lo fa con le mani ancora sporche di vernice, dato che sta lavorando al restauro di un intero velivolo che giaceva inutilizzato e che l’università aveva acquistato 40 anni fa. Il museo custodisce numerose macchine, apparecchiature industriali, scientifiche e didattiche che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, sono state acquisite e impiegate nel tempo nei vari settori della ricerca e dell’insegnamento. Oggi, superate dalle nuove tecnologie, costituiscono nel loro insieme un patrimonio di grande valore che descrive l’evoluzione della scienza e della tecnica nel campo delle macchine. Lo spazio, inaugurato nel 2011, contiene numerose rarità ed elementi di pregio: motori a vapore della fine del XIX secolo, una turbina a vapore dell’antica centrale elettrica, il velivolo storico Fiat G.59 4B.
E pensare che tutto parte dalla passione di uno studente. È il 2008 quando dai corridoi dell’ex facoltà di Ingegneria Giuseppe osserva quello che ai tempi era un semplice capannone doveva venivano ammassati motori antichi a mo’ di ferraglia. «Da appassionato capivo però che si trattava di materiale importante – spiega -. Allora mi proposi come tirocinante per restaurare quei motori. La cosa non si poté fare come stage garantito dall’università ma cominciai a farlo io stesso, nei miei ritagli di tempo. Lavoravo in una minuscola officina, a quei tempi mi arrangiavo. Poi ho cominciato a comprare pian piano cose più specifiche, e contestualmente ho pensato a un allestimento permanente. Mi sono accorto che per lo spazio occupato dai motori era necessario un intero piano». Genchi dunque comincia a cercare i finanziamenti: in parte lo aiuta l’università, in parte trova sponsorizzazioni privati. Seguono tre anni di lavori intensi, fino all’apertura del museo sette anni fa.
«Abbiamo salvato tutto ciò che si poteva salvare – racconta ancora l’appassionato ingegnere – e abbiamo ricevuto donazioni private: dalle scuole, da altre istituzioni. Spesso i motori arrivano qui in condizioni da ridere, non c’è la cultura in questo senso». Ma il museo non è solo covo di statiche macchine e luogo di richiamo per appassionati. Ne è prova Cogito, l’aperitivo per la mente, che è stato ospitato nei corridori di Ingegneria lo scorso 8 febbraio e che ha visto come animatori l’attore Salvo Piparo e il musicista Gianni Gebbia. Tante altre poi sono le iniziative avute in questi anni. «Ospitiamo le attività di inizio della Targa Florio – elenca Genchi -, stiamo firmando un accordo di collaborazione-quadro con l’aeronautica, siamo stati contattati dalla nuova divisione di Google che sta realizzando un portale della cultura e che vuole inserire il museo». Senza perdere di vista allo stesso tempo il punto forte.
Per l’importanza storica-tecnica e collezionistica della sua collezione di motori, il 31 maggio 2017 il museo ha ricevuto – primo in Italia – il prestigioso riconoscimento internazionale Mechanical Engineerig Heritage Collection, assegnato dall’American Society of Mechanical Engineers nell’ambito del programma History and Heritage Landmarke e volto a valorizzare e promuovere le più importanti collezioni storico tecnologiche in tutto il mondo. Lo stesso Genchi è stato recentemente insignito della tessera del mosaico da parte del sindaco Orlando. E mentre pensa a mille altri progetti per diffondere ancora di più, l’infaticabile ingegnere utopista trova il tempo di guardarsi indietro. «Se guardo le fotografie di dieci anni fa e quelle di ora mi sembra di avere raggiunto un risultato importante. Trovare grosse corrispondenze e apprezzamenti dall’estero è gratificante».
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