Motta, tutte le irregolarità della discarica L’esperto: «Un disegno politico e criminale»

«L’autorizzazione rilasciata alla Oikos è inficiata da diverse irregolarità, è difficile riscontrare un aspetto che sia aderente alla normativa vigente e passata». Aurelio Angelini, docente di Sociologia dell’ambiente dell’Università di Palermo e presidente del comitato scientifico dell’Unesco, sulla discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia, dichiarata chiusa ieri dalla Regione, ha più volte sollevato i suoi dubbi. Scientifici e non.

Sono vari gli aspetti controversi, molti dei quali «di tipo macroscopico». A cominciare «dalla grandezza. Su questa la norma è chiara», afferma. Per calcolare la volumetria necessaria si effettua un calcolo su un fabbisogno stimato per i cinque anni di durata delle autorizzazioni. Ma per l’impianto della Oikos spa – il cui proprietario, Domenico Proto, si trova ai domiciliari perché coinvolto nell’operazione Terra mia – il calcolo coprirebbe trent’anni. «Le dimensioni erano sovrastimate – spiega Angelini – un errore tecnico che non poteva essere fatto». Solo questo elemento «avrebbe dovuto mettere in allarme non il singolo funzionario, ma chiunque abbia guardato e firmato quelle carte». Fin da subito il docente ha tratto la conclusione che «nell’iter c’era del marcio».

Le perplessità dello studioso – e di molti attivisti dei comitati No discarica – riguardano «la tipologia di autorizzazione». La Oikos propone le richieste per un ampliamento dell’impianto in via di saturazione della contigua contrada Tiritì. Ma «si parla di una grandezza di tre volte superiore alla discarica precedente – afferma Aurelio Angelini – È chiaro che non era un ampliamento, ma un nuovo impianto». E sotto gli occhi dei tecnici locali e della Regione passa un «macroscopico, evidentissimo, dettaglio semantico» che spiana la strada all’ottenimento della Valutazione di impatto ambientale.

«Si tratta di un’operazione illegittima, dalla A alla Z – riassume il professore – È difficile in questa procedura trovare dei profili di legittimità». Secondo l’esperto si tratta di «un’operazione probabilmente frutto di un accordo». Ma un aspetto non messo in rilievo dagli inquirenti della procura di Palermo è «che contemporaneamente al rilascio di questa autorizzazione, la stessa cosa accadeva con la discarica di Siculiana». Anche per l’impianto in provincia di Agrigento, di proprietà della famiglia Catanzaro, «le autorizzazioni sono state rilasciate con le stesse modalità». E – di contro – «sono stati negati in Sicilia nello stesso periodo tutti gli altri permessi di creazioni di nuove strutture». Quella dei Proto e dei Catanzaro, dunque, «sono le uniche che hanno avuto l’ok dall’assessorato regionale all’Ecologia».

La valutazione di Angelini è netta: «C’è stato un disegno politico e criminale che ha impedito che soggetti pubblici e privati potessero entrare nella gestione del settore dei rifiuti». Questo ha portato all’arricchimento di pochi siti – assieme a quello mottese, un altro impianto coinvolto nell’inchiesta della magistratura è quello messinese di Mazzarrà Sant’Andrea – diventati emergenziali. «Tutte le discariche in Sicilia operano fuorilegge formalmente – precisa Aurelio Angelini – Il danno ambientale è un danno anche per il contribuente e per l’erario». E così centinaia di Comuni affrontano quotidianamente le spese di trasporto dei rifiuti per 200 o anche 400 chilometri al giorno. A pesare sull’ambiente è la mancanza di monitoraggio. Anche per i rifiuti pericolosi. «In Sicilia negli ultimi dieci ci sono differenze nei quantitativi dichiarati di anno in anno».

Nel caso del Catanese, con un impianto a 500 metri dalle prime abitazioni di Misterbianco anziché cinque chilometri, sono numerosi i rischi rilevanti per la salute pubblica. «Uno riguarda il percolato. Non è consigliabile mettere una discarica vicino a un corso d’acqua». La valle dei Sieli, dove si incastrano le tre vasche di raccolta da due milioni e mezzo di metri cubi, prende il suo nome proprio dall’omonimo fiume. «Non abbiamo un monitoraggio della qualità dell’aria – premette Angelini – Ma c’è la produzione di gas metanici estremamente pericolosi per la salute umana. E più grande è la discarica, più i rischi aumentano».

Adesso, con la chiusura di entrambe le strutture di proprietà della Oikos, i cittadini non possono comunque dirsi tranquilli. «Prima della bonifica serve il piano di caratterizzazione. Capire quantità e qualità di inquinanti, poi si fa un intervento mirato». Stabilire, dunque, la «situazione in essere». Ma in tutta la regione di bonifiche ne è stata fatta solo una. «Non c’è nessuna azione per far rispettare l’obbligo di legge nella fase post mortem. Sono oltre mille i siti dichiarati saturi negli ultimi 30 anni». Quella che Aurelio Angelini chiama una «bomba ecologica a grappolo».

Carmen Valisano

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