Morbillo, nel 2018 quasi un caso su due in Sicilia «È un’epidemia, anche gli adulti devono vaccinarsi»

Nel 2017 l’Italia è entrata nella top 10 mondiale dei Paesi con più casi di morbillo: sono stati 5.408. È settima in questa poco invidiabile classifica, peggio di nazioni come Congo e Bangladesh che ci seguono a ruota. E nei primi mesi del 2018 la situazione rimane grave: 411 casi a gennaio e febbraio, di cui quasi uno su due (il 43 per cento) registrato in Sicilia. Stando ai dati ufficiali dell’Istituto superiore di sanità, è nell’isola che si è trasferita l’emergenza. Lo dice esplicitamente Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Iss. «Evidentemente c’è una coda dell’epidemia del 2017 – spiega all’Agi – nei mesi scorsi avevamo assistito a un numero di casi superiore in altre regioni, dalla Lombardia al Lazio, ora l’epidemia si è spostata in Sicilia». L’incidenza sull’Isola è cinque volte superiore alla media nazionale: 21 casi ogni 100mila abitanti contro 4,1. A pagare il prezzo più alto sono già stati una donna di 38 anni a gennaio, una giovane di 25 anni, lo scorso marzo, e il piccolo di dieci mesi deceduto oggi. Tutti soggetti fragili o già debilitati da altre patologie, morti all’ospedale Garibaldi di Catania.

Dentro l’emergenza Sicilia c’è un’emergenza Catania. Ai tre morti del 2018 si aggiunge il caso dello scorso settembre: la vittima, originaria di Agrigento e deceduta all’ospedale Ferrarotto, aveva un quadro clinico particolare: affetto da Aids, era allo stadio terminale. «L’anomalia può essere dovuta a più fattori, climatici e sociali – spiega a MeridioNews Sergio Pintaudi, referente per la Sicurezza sanitaria regionale e direttore del dipartimento Emergenza al Garibaldi – sicuramente siamo al di sotto della soglia di vaccinazione di gregge (cioè quella percentuale di persone vaccinate che riesce a garantire di evitare la malattia anche a chi non lo è ndr)».

In provincia di Catania in particolare, secondo l’Asp locale, la percentuale di vaccinati si attesta tra il 91 e il 92 per cento. Significa che ci sono all’incirca 20-25mila persone suscettibili. Ciò ha comportato, da maggio 2017 a marzo 2018, 448 casi di morbillo registrati in ospedale. «Un numero che va moltiplicato almeno di quattro, cinque volte per avere i numeri dei casi reali – spiega Mario Cuccia, direttore dell’unità di Epidemiologia dell’Asp di Catania – che sono circa duemila. In ospedale si rivolgono infatti solo i soggetti più fragili, a cui il morbillo crea seri problemi». Secondo Cuccia la Sicilia e Catania attraversano la coda di un’epidemia giunta sull’Isola in ritardo rispetto ad altre regioni. Altra caratteristica dell’epidemia ai piedi dell’Etna è un’età mediana più bassa rispetto alla media nazionale: 22 anni anziché 27. «Questo – sottolinea Cuccia – significa che sono più a rischio le donne in età fertile, proprio i soggetti per cui il morbillo è maggiormente pericoloso. Ecco perché stiamo prestando massima attenzione nei reparti di ostetricia».

L’assessore alla Salute Ruggero Razza ha ricevuto la telefonata della ministra Beatrice Lorenzin. Proprio la legge Lorenzin ha permesso una maggiore copertura per i bambini da uno a sei anni. Restano vulnerabili i bambini più grandi, i giovani, gli adulti e i neonati. Il vaccino è infatti possibile solo a partire dai 12 mesi, motivo per cui il piccolo morto oggi ne era sprovvisto ed è stato contagiato dalla madre. «Proprio con la legge che reintroduce l’obbligo – spiega l’epidemiologo dell’Iss Rezza – il tema è tornato alla ribalta, ma solo rispetto ai bambini. Bisogna invece ribadire che anche gli adulti possono vaccinarsi gratuitamente, e specie in zone ancora colpite come la Sicilia sarebbe opportuno che salissero le coperture anche per le fasce di età più avanzate, che poi in genere sono quelle dove si registrano più casi gravi per la compresenza di altre patologie o perché immunocompromessi».

Salvo Catalano

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