Dieci anni dopo si ricomincia da zero. Il Parco dei Monti Sicani rimane al momento un’idea, quattro parole una dietro all’altra che racchiudono uno scrigno di tesori naturali e culturali. Da ieri, però, riparte l’ennesimo tentativo, il quarto dopo i primi tre miseramente falliti a causa dei macroscopici errori della Regione, di far nascere l’ente. È stato firmato a Palermo, infatti, dall’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro il decreto che istituisce il comitato a cui è stato affidato il compito di riperimetrare i confini del futuro Parco. Sei mesi il tempo massimo concesso per avviare un reale percorso di confronto e partecipazione sui territori, convocare i consigli comunali e formulare una nuova proposta che non ripeta gli stessi errori del passato, frutto in alcuni casi di un insensato copia-incolla.
Del comitato fanno parte i dodici sindaci dei Comuni in cui ricadono le riserve naturali di Monte Cammarata, Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, Monte Carcaci, Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco. Un mix straordinario di ecosistemi che dovrebbe finire all’interno di un unico Parco, a riprova della varietà e della biodiversità di quei territori: dal mare ai 1.500 metri di quota dove è collocato il Teatro di pietra di Andromeda, passando per le gole scavate dal fiume Sosio al cammino di Santa Rosalia, potendo nel frattempo gustare i prodotti enogastronomici del posto. Insieme ai sindaci, nel comitato ci saranno i rappresentanti di sei associazioni ambientaliste: Legambiente, Club Alpino Italiano, Wwf, Italia Nostra, Lipu e Fare Ambiente. E ancora i tecnici dell’assessorato regionale all’Agricoltura e del dipartimento Ambiente.
La vicenda del Parco dei Sicani si trascina da anni con sfumature pirandelliane. Tra il 2009 e il 2014 ci sono stati tre decreti istitutivi che però hanno incluso nell’area protetta anche una serie di attività produttive che avrebbero avuto grandi difficoltà a continuare il loro lavoro. I decreti sono stati quindi impugnati dai privati che hanno avuto puntualmente ragione davanti alla giustizia amministrativa. L’ultima volta sei mesi fa, a giugno. Il Tar tra l’altro ha sottolineato come, nonostante le bocciature pregresse, nell’ultima occasione sia stata formulata una proposta del tutto simile alle precedenti. Un copia-incolla, insomma, che non solo non ha tenuto conto dei diritti degli imprenditori privati, ma che di fatto ha prestato il fianco all’ennesimo stop. Con buona pace di un territorio che invece avrebbe bisogno di un parco efficiente e con un brand forte, per puntare ancora di più sul turismo relazionale ed esperienziale, come già qualcuno ha iniziato a fare con successo.
Da ieri, quindi si ricomincia. «L’assessore Cordaro – spiega il sindaco di Santo Stefano Quisquina, Francesco Cacciatore – non vuole ripetere gli errori del passato, per questo ha sottolineato l’importanza del confronto con i Comuni e sui territori. A partire dalle assemblee con tutti i cittadini interessati». Del comitato fanno parte – a titolo gratuito, come tutti gli altri componenti – anche i primi cittadini di Bivona, Burgio, Cammarata, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Giuliana, Palazzo Adriano, Prizzi, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina e Sambuca di Sicilia.
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