Montante e la politica, il potere sui governi regionali Dall’asse con Pistorio e Lumia alle raccomandazioni

Le relazioni pericolose di Montante fanno tremare un intero sistema di potere nell’Isola. Quello che è stato uno degli uomini più potenti della Sicilia, almeno nell’ultimo lustro, ha intessuto negli anni una rete fittissima di rapporti con la classe politica al governo della Regione, al punto da dettare la linea su cambi di assessori e di alleanze politiche, in nome del vessillo dell’antimafia. E probabilmente, è questa la tesi della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, anche grazie a un lungo elenco di favori

E il silenzio, imbarazzato e imbarazzante, della politica non si è fatto attendere, nel giorno del big bang di un sistema di comando che ha tenuto insieme le due legislature guidate prima da Raffaele Lombardo, poi da Rosario Crocetta. Due governi contaminati dalla medesima cordata, capitanata dalla nuova Confindustria, quella dell’antimafia, delle scuse a Libero Grassi, dei convegni e delle targhe. Quella che ha guidato l’assessorato alle Attività Produttive, prima con Marco Venturi (sponsorizzato da Montante e divenuto poi una delle sue maggiori spine nel fianco) nell’era Lombardo, poi con Linda Vancheri, nella giunta Crocetta. Mentre compare anche un riferimento a una presunta borsa di soldi che Montante avrebbe recapitato direttamente a Totò Cuffaro. A parlarne, intercettato, è Michele Trobia, presidente del Tennis club di Caltanissetta e molto intimo con l’imprenditore: «Le altre borse che depositò a casa mia… ca’ ci su 800 milioni, ca’ ci su 600 milioni. Li abbiamo portati assieme a Totò Cuffaro».

Ma i rapporti politici vanno ben oltre la Sicilia: moltissimi i riferimenti allo stretto legame con Angelino Alfano. Tra le carte dell’inchiesta che incastra Montante, emerge un lungo elenco di raccomandazioni, che l’imprenditore ha annotato per anni, in maniera maniacale in un file Excel, vero e proprio libro mastro di richieste esaudite. E tra questi figurano moltissimi politici siciliani, nessuno di loro indagato, che avrebbero chiesto raccomandazioni: da Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) a Filippo Misuraca (ex deputato forzista), da Enzo Bianco (sindaco di Catania) a Ester Bonafede (già assessore in giunta con Cuffaro, poi rientrata in giunta con Crocetta), da Patrizia Valenti a Luca Bianchi (entrambi ex assessori di Crocetta), passando per Mario Torrisi (ex assessore di Cuffaro) e Nino Germanà (già deputato regionale e nazionale) .

E poi il bunker. Lì, in quell’archivio nascosto dietro una porta camuffata da libreria, ecco i dossier di Montante, con le informazioni sui profili poco graditi all’ex numero uno dell’associazione degli industriali siciliani. Montante «voleva acquisire informazioni – scrivono gli inquirenti – su persone che hanno rivestito un ruolo politico di ambito regionale e che erano entrate in rotta di collisione con lui e col sistema confindustriale che rappresenta in relazione alle più svariate vicende». Tra i protagonisti dei dossier, anche l’ex fedelissimo Alfonso Cicero, l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, il senatore ennese Mirello Crisafulli, i giornalisti Giampiero Casagni e Attilio Bolzoni.

Le testimonianze dei politici chiamati dalla Procura di Caltanissetta aiutano a ricostruire i diversi momenti storici dell’ascesa e del consolidamento del potere di Montante. Così ecco nella deposizione di Gaetano Armao – ieri assessore all’Economia di Lombardo, oggi di Musumeci – si racconta come il Partito democratico abbia finito per sostenere il governo Lombardo. «Attraverso l’operato politico dei senatori Giovanni Pistorio e Giuseppe Lumia – ricostruisce Armao – (Montante, ndr) aveva sostenuto e appoggiato il mutamento di maggioranza (rispetto a quella che aveva inizialmente dato vita al governo regionale) che aveva poi sorretto la giunta presieduta da Lombardo».

«Armao – proseguono gli inquirenti – ha poi raccontato alcune vicende dalle quali aveva potuto ricavare la ricerca, da parte di Montante e di coloro che ne costituivano la longa manus politica in ambito regionale, di orientare le scelte amministrative del governo Lombardo, vicende cui egli si era in qualche modo opposto, entrando irrimediabilmente in rotta di collisione col sistema confindustriale siciliano». Si parla anche del tentativo, all’epoca del governo Lombardo, di rilevare l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese. Un affare che avrebbe comportato «il diretto interesse di Montante e di Lumia».

E ancora, ecco le parole dell’ex segretario regionale dell’Udc, Giampiero D’Alia, attraverso le quali viene ricostruito il delicato momento della candidatura di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione, i dubbi del Partito Democratico, l’intuizione di Maurizio Bernava, ex segretario della Cisl (indagato in questa inchiesta), e Montante di rivolgersi all’Udc per caldeggiare la candidatura dell’ex primo cittadino di Gela alla massima poltrona della politica siciliana. In un filo sottile che legava la precedente esperienza di governo alla successiva. Un intreccio di relazioni pericolose, appunto. Su cui la politica di Palazzo adesso tace. In un imbarazzato silenzio.

Cuffaro ha inviato una nota di replica: «Sarei molto curioso di sapere in quale periodo Trobia mi avrebbe elargito questa ingente mole di denaro e dove mi sarebbe stata consegnata. So bene che la millanteria e la falsità di una persona possono raggiungere livelli inauditi. Tengo a precisare che il signor Michele Trobia – il quale sostiene di essere entrato in compagnia di Montante durante la giunta di governo da me presieduta – non mi ha mai pagato neanche un caffè! Sono peraltro sicuro che lo stesso Montante non potrà che smentire questa vicenda oltremodo ridicola e infamante. Mi chiedo inoltre per quale motivo Montante avrebbe dovuto darmi delle borse di soldi. Durante il mio governo non ho mai ricevuto da parte di Montante alcuna richiesta. In ogni caso oggi stesso sporgerò querela nei confronti del dott. Michele Trobia a meno che non voglia rettificare immediatamente le sue millanterie e falsità».

Salvo Catalano

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