Quando la Regione Siciliana mette a disposizione del Comune di Palermo quasi cinque milioni di euro per «la messa in sicurezza in emergenza ai fini della bonifica del sito denominato ferro di cavallo in località Mondello» Totò Cuffaro non ha ancora scontato il carcere a Rebibbia e Leoluca Orlando, nella sua lunga parabola politica, è in quel momento deputato all’Ars. È l’anno di grazia 2005: per la più celebre delle borgate marinare di Palermo sembra insomma che si possa risolvere di lì a breve l’annoso problema degli allagamenti.
La bonifica del ferro di cavallo, ovvero il collettore creato in epoca borbonica per gestire il naturale deflusso a mare delle acque piovane, è però in stallo da 13 anni. Da un mese il neonato comitato emergenza allagamenti – che nei giorni scorsi ha organizzato una prima manifestazione di protesta – chiede un’audizione all’Ars, presso la competente commissione Ambiente e Territorio, con la quale spera che si riesca a sbloccare l’iter che è rimasto impantanato, è proprio il caso di dirlo, tra rifiuti pericolosi, rescissioni del contratto di appalto e varianti di progetto. Ad aprile del 2017 il dirigente dell’Assessorato all’Energia, l’ingegnere Calogero Gambino, indica che il progetto relativo alla messa in sicurezza e bonifica del ferro di cavallo è inserito nell’elenco dei progetti finanziabili dal Patto per il Sud. Da oltre un anno, insomma, i soldi ci sono ma non sono stati ancora utilizzati.
Al Comune, che intanto sulla vicenda è stato commissariato, non resta che attendere. «La Regione ha stabilito di spostare i lavori dalla bonifica agli interventi di manutenzione dei canali ostruiti ogni volta dal maltempo – afferma l’assessore alla Rigenerazione Urbanistica e Urbana Emilio Arcuri – Su proposta dei dirigenti la giunta Musumeci dovrebbe deliberare in tal senso a breve. Così si consentirà il trasferimento delle risorse al commissario del dissesto idrogeologico, in modo che o si riattiva la procedura di gara (come io penso più probabile) o si riaffida il tutto all’impresa che aveva prima i lavori. Mi permetto comunque di dire che il condizionale è d’obbligo, visto quello che è successo in Regione con questo balletto del mancato trasferimento di risorse che dura da tempo. Se tutto va bene da qui a sei mesi si potrebbe realisticamente assistere a una ripresa dei lavori. Sembra un tempo lungo se si considera la vicenda solo da oggi, diciamo che è un tempo quasi breve considerando i dieci anni (dai primi lavori effettuati e subito sospesi a causa dell’individuazione di una forte presenza di idrocarburi… ndr) che sono passati. È più importante insomma che si sblocchi il meccanismo, era necessario rompere l’incantesimo».
Più immediata, invece, dovrebbe essere la convocazione di tutti gli enti coinvolti. «Ci sono state diverse richieste su questa audizione – risponde la presidentessa della IV commissione all’Ars Giusy Savarino – Come quella consigliere comunale Fabrizio Ferrandelli o quelle dei deputati palermitani all’Ars Edy Tamajo e Alessandro Aricò. Il punto è che tra gli interlocutori della Regione sulla vicenda c’è l’assessorato alle Acque e ai Rifiuti, ovvero l’assessore Alberto Pierobon. Che purtroppo sta male da tre settimane. Quindi abbiamo rinviato la calendarizzazione, ma forse la prossima settimana potrebbe essere la volta buona. È lui il riferimento principale, visto che si occupa del dissesto idrogeologico e del trattamento delle acque. L’intento è di mettere tutti attorno a un tavolo per evitare che ci sia un rimpallo di competenze che poi porta allo stallo. Non è, ripeto, una mancanza di volontà ma il nostro ritardo è dovuto soltanto a un infortunio. È per questo – conclude – che abbiamo sospeso al momento ad esempio anche la legge sui rifiuti».
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