Mistretta, i rapporti tra il consigliere e Cosa Nostra «Fissa la tangente, impone assunzioni e forniture»

«Cosa Nostra si presenta oggi con il volto di un consigliere del Comune di Mistretta che, oltre a fissare la tangente, impone anche assunzioni e forniture a vantaggio degli uomini e delle ditte di riferimento dell’organizzazione». Queste le parole del colonnello Iacopo Mannucci Benincasa, comandante provinciale dei carabinieri di Messina, che hanno condotto l’indagine Concussio, coordinata dalla Dda di Messina e sfociata nell’emissione di 14 misure cautelari per un tentativo di estorsione sui lavori di riqualificazione e restauro delle opere del complesso artistico museale Fiumara d’Arte. «Il tutto ai danni degli imprenditori onesti e, in questo caso, della valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale», conclude l’alto ufficiale. 

Il consigliere comunale in questione è Vincenzo Tamburello, commercialista, consulente del lavoro e presidente della seconda commissione consiliare che si occupa di attività produttive. Eletto per la prima volta in consiglio comunale nel 2002, già vice sindaco tra il 2009 e il 2014, è anche proprietario di un’azienda agro-zootecnica. Recentemente, come mostrano le foto pubblicate dallo stesso consigliere, ha partecipato a un corso di alta formazione per amministratori giudiziari in Amministrazione e destinazione dei beni e delle aziende confiscate. Dopo il suo arresto, è stato immediatamente sospeso dalla prefetta di Messina, Maria Carmela Librizzi. È accusato di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso.

A far scattare le indagini è stata la denuncia degli imprenditori che, dopo un ricorso al Tar, si erano aggiudicati l’appalto da 800mila euro. «Tamburello mi ha chiesto di versare la somma tra i 30mila e i 35mila euro, da destinarsi alla signorina», è quanto racconta ai carabinieri il professionista. La signorina in questione è Maria Rampulla, morta nel maggio 2016, sorella di Pietro, condannato per essere l’artificiere della strage di Capaci e all’epoca dei fatti detenuto e di Sebastiano, storico capo della famiglia di Mistretta. Come si legge nelle 71 pagine dell’ordinanza firmata dal gip di Messina Eugenio Fiorentino, Tamburello oltre alla tangente da 30/35mila euro, «avanzava anche la richiesta di assunzione di tre operai, che mi avrebbe in seguito indicato, per i lavori relativi all’appalto da me vinto. Inoltre, mi chiedeva di rifornirmi del conglomerato cementizio presso l’impianto dei fratelli Lamonica». A fronte di tale richiesta, Tamburello, come racconta uno dei due imprenditori ai militari, «mi ha garantito che non ci sarebbe stata alcuna richiesta estorsiva né danneggiamenti e la possibilità di rivolgersi al libero mercato, per le altre forniture necessitanti per i cantieri». 

Sempre secondo il racconto degli imprenditori, sarebbe stato proprio Tamburello che nel periodo a cavallo dell’aggiudicazione della gara d’appalto, li aveva avvicinati e «gli aveva fatto presente che, a causa di tale evoluzione della procedura (il ricorso al Tar, avanzato dall’imprenditore arrivato secondo, ndr), alcuni soggetti erano stati costretti a restituire» all’impresa arrivata inizialmente prima, la somma di 50mila euro «che aveva in precedenza versato per garantirsi l’aggiudicazione dei lavori». 

Ma saltata l’aggiudicazione dell’appalto a causa del ricorso al Tar, «Tamburello ci diceva che dovevamo noi corrispondere la somma di 35mila euro che erano destinati in parte alla signorina ed in parte alle altre persone». Sempre nelle carte si legge poi che il consigliere tramite mail, chiedeva agli imprenditori «di assumere un operaio, comunicando il nominativo ed il relativo recapito telefonico». La moglie dell’imprenditore avrebbe poi contattato l’uomo, «dicendogli che al momento non c’era lavoro e nel caso in cui ci sarebbe stata l’opportunità di aprire qualche cantiere a Mistretta, lo avremmo assunto». L’assunzione non si sarebbe concretizzata perché inconciliabile con i tempi necessari per l’apertura dei cantieri e l’urgenza della pretesa. Così Tamburello avrebbe chiesto di farlo assumere quindi a un’altra impresa, la Technolam s.r.l.s., riconducibile a Antonino Lamonica. 

Quest’ultimo, sorvegliato speciale e destinatario di un provvedimento definitivo di confisca perché membro del mandamento di San Mauro Castelverde, lo scorso ottobre è stato arrestato nell’ambito di un’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Messina con l’ausilio della Dia. Nel 2012 Lamonica è stato raggiunto da misura di prevenzione personale e patrimoniale che gli impedivano l’esercizio dell’impresa, divenuta definitiva nel 2015. Seconco la Dia, per continuare a far transitare denaro sporco nei conti correnti dell’azienda avrebbe intestato al figlio Giuseppe l’impresa di famiglia.

Simona Arena

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